I creditori sono tornati ad Atene e sono iniziate nuovamente le trattative con i rappresentanti del governo greco. Il ministro delle Finanze Efklidis Tsakalotòs, prendendo la parola alla commissione parlamentare per l’economia, ha sottolineato che «l’obiettivo del governo è quello di concludere i colloqui sulle misure e contromisure del programma, in tempo per il prossimo Eurogruppo del 20 marzo». Tsakalòtos, ha poi smentito che il governo abbia cercato di ritardare il completamento della revisione. «Non abbiamo cercato di guadagnare tempo – ha precisato il ministro – ma negoziato, sulla base dei nostri principi».

IL GOVERNO di Alexis Tsipras, in questa fase, punta innanzitutto a definire l’ammontare delle misure che dovranno essere adottate dal 2019 in poi, sia in termini di “riforme” richieste dalle istituzioni creditrici, sia di misure per sostenere l’economia e l’occupazione. Misure e “contromisure”, nelle intenzioni di Tsipras, dovranno essere votate contemporaneamente, anche per riuscire a dimostrare che ci si sta lasciando alle spalle il periodo dell’”austerità punitiva” imposta al paese.

SECONDO FONTI del governo, di fondamentale importanza sono anche gli investimenti che dovrebbero creare direttamente nuovi posti di lavoro, in un paese in cui la disoccupazione tocca ancora il 23%: si tratta di programmi per un ammontare di 3 miliardi di euro, che dovrebbero portare alla creazione di centomila posti di lavoro. Sul tavolo una serie di questioni da risolvere: da una parte i creditori devono dare l’assenso definitivo riguardo all’applicazione delle riforme richieste alla Grecia, con l’accordo dell’estate del 2015. Dall’altra, Atene chiede che si superino le divergenze tra Berlino e il Fondo Monetario Internazionale sulla ristrutturazione del debito pubblico della Grecia. Un debito che, anche a causa di una austerità senza fine, tutti ormai concordano nel definire non sostenibile.

E ALLO STESSO TEMPO, altri due punti centrali sono la definizione della percentuale dell’avanzo primario dopo il 2018 (Atene non può accettare il 3,5% richiesto dal quartetto di creditori), e la questione dei diritti dei lavoratori: Tsipras spinge per un ritorno alla contrattazione collettiva, e per ridare ai sindacati la dignità perduta, a causa della continua deregolamentazione voluta dagli ultraliberisti. Se tutto dovesse andare a buon fine, il paese avrebbe accesso al Quantitative Easing entro i prossimi mesi, per stabilizzare l’economia e favorire il ritorno di Atene sui mercati.

NEL FRATTEMPO, il responsabile dell’Esm Klaus Regling, in una intervista a El Pais ha riconosciuto che la Grecia nel 2016 ha compiuto progressi più grandi di quanto non ci si aspettasse, ribadendo, tuttavia, che non è ancora chiaro se l’Fmi deciderà di continuare a partecipare al programma di sostegno all’economia ellenica.

DA PARTE SUA, il Commissario europeo responsabile per gli affari economici e monetari, Pierre Moscovici, si mostra più ottimista. Parlando all’agenzia greca Amna ha dichiarato che «ci vuole un pacchetto equilibrato di misure», e che ciò significa che «si dovrà tenere in considerazione la capacità del paese di versare quanto dovuto, e poter mettere in campo politiche in grado di sostenere in modo più fattivo gli strati più deboli della popolazione greca».

BISOGNERÀ VEDERE, ora, in che tempi si riuscirà a concludere la trattativa dei creditori con il governo. Da quanto filtra dall’entourage di Alexis Tsipras, Atene si attende una conclusione entro marzo, appunto, o al massimo per la prima settimana di aprile. Ma dall’altra parte dell’oceano, la banca d’affari americana Merril Lynch, si azzarda a prevedere che le trattative continueranno sino all’estate, e che alla fine, si troverà un accordo a ridosso della scadenza dei titoli greci, il prossimo luglio.

SE QUESTO SECONDO scenario dovesse trovare conferma, vorrebbe dire che il governo di Syriza verrebbe nuovamente messo sotto pressione, anche con l’intenzione di costringerlo a cedere su alcune sue rivendicazioni-chiave. E, ovviamente, un inserimento tardivo del paese nel Qe della Banca Centrale Europea, avrebbe benefici molto contenuti per l’economia reale.