Sono passati quasi 40 anni da quando George Miller, giovane medico del Queensland appassionato di cinema, radunò una piccola troupe nei pressi di Melbourne per cominciare le riprese di un film che avrebbe fatto la storia, un oggetto stracult, omaggiato e plagiato in innumerevoli B-movie e videogiochi e B-movie tratti da videogiochi.
Dopo la trilogia Mad Max, Miller cambia registro con Le Streghe di Eastwick una dark comedy soprannaturale hollywoodiano-letteraria adattata da John Updike, poi torna in Australia per produrre Calma Piatta di Noyce con una giovanissima Nicole Kidman, e dopo il melodramma L’Olio di Lorenzo gira Babe una Animal Farm dall’irresistibile ironia. Nel 2006 cambia nuovamente marcia con l’animazione musicale 3D Happy Feet e l’immancabile sequel) che fruttano un grande successo commerciale alla Warner.

Già allora però, il regista torna a pensare alla sua creatura originale. Finisce una sceneggiatura per Mad Max 4 già nel 2001.Per iI ruolo principale Mel Gibson sarebbe pronto a rivestire i panni che lo avevano reso famoso, ma intervengono gli eventi. Prima l’11 settembre e poi la fluttuazione del dollaro australiano che rende impraticabili le riprese nell’Outback. Finito il secondo Happy Feet, Miller riprende in mano il progetto ma nel frattempo Gibson ha cominciato la sua parabola discendente, la crisi mistica e le accuse di violenza domestica – ancora più grave gli insulti antisemiti che congelano la sua carriera. Il tempo poi è passato anche per lui, bisogna trovare un nuovo Max. Il casting arruola Tom Hardy, poi Charlize Theron ma intanto anomale piogge rinverdiscono le location del film, rovinando l’effetto arido. Le riprese sono nuovamente rinviate e Mad Max 4 – Fury Road comincia ad assomigliare ad un leggendario incompiuto, eterno prigioniero del development hell. Poi l’anno scorso tutti i tasselli si mettono al loro posto e partono le riprese (spostate in Namibia). Quasi sei mesi con un cast internazionale e un budget, si dice, di 150 milioni di dollari, fin quando l’annunciatissimo «reboot» giunge infine sugli schermi di Cannes e all’esame degli esigentissimi adepti.
Sulla Croisette vedranno un film a trazione anteriore continua, lanciato al massimo su una dirittura dove l’eroe del titolo si sdoppia in due personaggi, Max (Hardy) e Imperator Furiosa (Theron), un amazzone monca e imperterrita che mette in moto la trama con un tradimento e la fuga da un despota sfigurato – Immortan Joe (è Hugh Keays-Byrne, lo psicotico motociclista Toecutter del primo film). Ma la trama qui è decisamente secondaria alla narrazione e la storia sfreccia come una cinetica coreografia sulle piste del deserto del Namib. Più che un road movie un circo punk sul chilometro lanciato, come un corteo di Burning Man sulla Parigi-Dakar. Tecnicamente si tratta di un sequel che fa un salto in avanti di alcuni decenni rispetto agli originali, in un futuro in cui i brandelli di società dedita al culto pagano dei motori si sono ulteriormente devoluti in un tribalismo post tecnologico.
Nel prologo una tribù di guerrieri malati cattura Max per usarlo come un donatore involontario di trasfusioni. Nel contempo Furiosa guerriera incallita e amareggiata, scappa dalla rocca fortificata con le mogli-schiave del capo, ultime donne sane capaci di dargli un erede. Le vicissitudini portano anche Max ad unirsi alla comitiva e il resto è rincorsa. «Perché come hanno insegnato Harold Lloyd e Buster Keaton» ci dice il regista a Los Angeles «l’azione è il linguaggio più puro del cinema, e io volevo avvicinarmi al cinema puro». Fury Road sembra il film centrale di una trilogia progettata (e Miller ammette di avere già pronti altri due copioni; deciderà il mercato). Intanto c’è la presentazione al festival dove Miller è stato due volte giurato. «Una festa del cinema», ricorda, «il paradiso per uno come me che non ha mai tempo di vedere i film che vorrebbe».

Perchè ha deciso di tornare a questa storia?

È un seme che mi è entrato in testa ed ha preso a crescere. Ho cercato di allontanarlo ma non c’è stato niente da fare, alla fine ha vinto il film. Alla fine ho realizzato di avere una storia completa ed ho annunciato alla mia squadra: ‘facciamo un altro Mad Max’. Ci abbiamo messo 12 anni ma alla fine così è stato. Una sensazione molto familiare, da un lato come tornare a casa, dall’altro una specie macchina del tempo.

Nel frattempo Mad Max è diventato una pietra miliare del genere, come se lo spiega? 

Credo che la forza di queste storie derivi dall’allegoria. In un mondo saturo di dati ed informazioni cerchiamo sempre un segnale nel rumore. In questi racconti ambientati in un futuro medioevo con le sue regole semplici e brutali, i personaggi sono figure di moralità primordiali. Non è una mia invenzione, i western americani avevano la stessa struttura narrativa.

In questo film però la trama è minima, quasi elemento secondario della narrazione…

Ho fatto affidamento su uno «shorthand» come nella stenografia, basta accennare la trama. Le gente ormai è abituata alla «lettura rapida», alfabetizzata da pubblicità, video clips, film, youtube e twitter, e poi c’è anche il «bagaglio» di Mad Max. In 30 anni ci sono stati non solo film simili ma videogiochi, Anime e così via. Molti film sono troppo appesantiti dall’esposizione della trama. Cerco di seguire il consiglio di Hitchcock quando diceva che cercava di fare film che «anche in Giappone non avessero bisogno di sottotitoli». Dopotutto è mezzo visivo.

Ma lei lo ha paragonato anche ad un opera o un concerto rock… 

Più fai film più ti rendi conto della parentela stretta con la musica, il cinema è una sorta di musica visiva in quel caso i Mad Max forse erano una specie di rock ‘n roll per gli occhi. Questo ultimo è cresciuto ed è diventato più «operistico». Quando parlo con compositori mi rendo conto che anche noi abbiamo lavorato con gli elementi della composizione musicale, il ritmo, l’utilizzo dei tempi… Per molti versi mi ha riportato anche al tempo del muto quando c’era solo il movimento e la coreografia e il montaggio per creare una «musicalità». Io ho sempre cercato di montare i miei film con lo stesso criterio. Film muti a cui aggiungo musica e dialoghi.

Come avete preparato le riprese? 

Dopo la sceneggiatura abbiamo fatto lo storyboard. In ufficio c’erano 3500 pannelli, l’unico modo per visualizzare un film in cui non ci sono molte parole, per capire dove vanno tutte le componenti. Per la montatrice che casualmente è anche mia moglie, Margaret Sixel, poi è stato come un gigantesco cubo di Rubik. In totale abbiamo fatto 480 ore di girato! Per darvi un idea Mad Max 2 aveva 1200 tagli, questo film nella stessa durata ne ha 2700.

Si può paragonare Tom Hardy a Mel Gibson? 

Direi assolutamente di sì. Quando Tom è entrato nella stanza mi ha ricordato esattamente Mel 30 anni prima. Tom aveva sei settimane quando abbiamo girato il primo film ma trovo che trovo che comunichino la simpatia unita ad un senso di mistero e pericolo che hanno tutti gli attori carismatici. Hanno molto in comune, comunque naturalmente con qualche differenza. Originalmente, nel 2001 pensavo ancora di fare il film con Mel, poi c’è stato l’11 settembre, la Warner ha volute che facessi prima Happy Feet. Quando l’ho finito Mel ha avuto tutti quei problemi personali e alla fine abbiamo dovuto trovare un altro attore perché il film non era su un Max invecchiato. In rete si è parlato molto di una comparsata per Gibson ma io credo che sarebbe stata una distrazione, come vedere Sean Connery in un Bond di Danlel Craig, avrebbe spezzato l’illusione .

E Charlize Theron/IMperatore Furiosa? 

L’idea del film, è sostanzialmente una rincorsa e il «McGuffin», l’oggetto della contesa che lancia il tutto non è una cosa, è un cargo umano, le cinque mogli del despota che sono le ultime in grado di dare a alla luce un erede sano. Chi le rapisce ha un movente «femminile», deve essere un «road warrior» donna – se fosse stato un uomo sarebbe stata un storia diversa. Quando incontra Max inizialmente sono protagonisti antagonisti, tentatano di uccidersi l’un l’altra per sopravvivere poi gradualmente nasce un rispetto reciproco infine la cooperazione. Non posso immaginare un’attrice più adatta di Charlize, come attrice non ha paura di niente, l’dea di rasarsi a zero è stata sua e come Tom alla fine ha fatto quasi tutte le scene di lotta e molti degli stunt. Il suo personaggio è un omaggio alla guerriera che appare in Mad Max 2 ma che in quel film muore. Mi era sempre rimasta la curiosità di come sarebbe potuta diventare. Ora lo so.