Le parole-chiave pronunciate, e scritte, a Roma e a Parigi nei vertici e negli annunci sulla Libia sono state tutte smontate come un meccano: elezioni a primavera, cessate il fuoco, hotspot francesi, nuova missione militare italiana. Alla prova del deserto, cioè della realtà dell’ex «scatolone di sabbia», tutti questi concetti sembrano fare la fine di Zabriskie Point.

E niente lascia presagire che acquisteranno una maggiore consistenza entro domani, quando il Parlamento italiano dovrà valutare, appunto, l’invio di navi da guerra e elicotteri a supporto della Guardia costiera libica.

Nel tentativo di dare corpo agli impegni presi nel castello di La Celle-Saint-Cloud, alle porte di Parigi, sabato la Commissione per la redazione della bozza costituzionale – che dal 2014 quando è stata eletta era rimasta in un cono d’ombra – si è riunita a Bayda, città della Cirenaica dove ha sede anche il governo «ribelle», stampella del generale Kalifa Belqasim Haftar, che ha appena sbloccato le proprietà dei figli di Gheddafi. La Commissione ha alla fine approvato un testo composto da 197 articoli da sottoporre alla Camera dei rappresentanti di Tobruk (HoR). Non è stata però propriamente una bella impresa.

A BAYDA dei 60 membri della Commissione solo 44 hanno partecipato al voto (43 hanno votato sì) perché i rappresentanti della minoranza Tebu hanno boicottato la riunione. In più i lavori sono stati interrotti dall’irruzione armata di una milizia pro-Haftar. I miliziani hanno preteso, tenendo sotto tiro i commissari, di cambiare l’articolo 99 dove erano specificate le condizioni di ineleggibilità del candidato presidente, considerandole – non proprio a torto – ritagliate per escludere lo stesso Haftar.

La prima condizione – il comma 8, spiega l’Agenzia Nova – prevede infatti che non sia candidabile un militare che non si sia dimesso dall’esercito da almeno un anno (Haftar si è tolto divisa e stellette solo a Parigi).

Mentre il comma 9 impedisce di candidarsi alla presidenza a chi ha la doppia cittadinanza e non risiede in Libia da almeno dieci anni (Haftar è anche cittadino Usa, dove è riparato dopo la rottura con Muammar Gheddafi durante la guerra in Ciad). A sera i miliziani hanno accettato di togliere l’assedio fidandosi della promessa del presidente della Commissione Nuh Abdel Sayd di emendare il testo in una nuova riunione il giorno successivo. Promessa non mantenuta, con la giustificazione che era stata presa «sotto pressione».

Lo stesso Sayd ha chiarito ieri che sarà casomai il Parlamento di Tobruk (HoR), incaricato anche di emanare la legge che indirrà il referendum popolare di conferma, a emendare la bozza uscita dalla contrastata riunione di sabato. Nel resoconto dell’emittente panaraba Al Jazeera dal varo definitivo della Costituzione ci saranno 180 giorni di tempo per celebrare le elezioni generali in Libia.

IL SISTEMA SCELTO prevede l’elezione diretta del presidente, che è anche il capo supremo delle forze armate, e prevede che gli eletti siano unicamente musulmani figli di musulmani con mogli libiche. Per il resto però ricalca per molti aspetti Carte come quella italiana che sia per quanto riguarda la tutela di diritti fondamentali (diritto alla salute e all’istruzione oltre a libertà di espressione, di manifestazione pacifica e di formazione dei partiti politici) sia per quanto riguarda la forma bicamerale del Parlamento.

QUANTO ALLE ALTRE parole-obiettivo di cui si sono vantate Roma e Parigi per risolvere il caos libico, il progetto di impiantare hotspot per filtrare i migranti nel Sud della Libia cozza con la sostanziale indisponibilità dell’Unhcr, assente da quelle zone con personale estero dal 2014 perché giudicate troppo pericolose. Il cessate il fuoco sembra assai fragile visto ciò che è successo a Bayda. Infine il portavoce dell’operazione Dignità di Haftar, Ahmed Al-Mismari, con l’agenzia libica Lana ha usato toni minacciosi verso la missione militare italiane, sostenendo che ha come scopo «far fallire l’iniziativa francese».