Per la prima volta dal 1945, il 1° maggio non vi saranno bandiere rosse in vista nelle piazze e per le strade d’Europa. Tuttavia, attualmente il movimento sindacale ha più ragione di manifestare che non in qualsiasi altro momento di pace. Ogni giorno, sempre più medici, infermieri, conducenti di mezzi pubblici, assistenti sanitari, commessi e corrieri perdono la vita lavorando in prima linea al fronte di questa crisi, in molti casi perché non dispongono di protezioni adeguate.

Luca Visentini, segretario della Ces

In Spagna sono stati infettati 24.000 addetti all’assistenza e in Italia 16.950, di cui 151 sono deceduti. Circa un sesto di tutti i contagi confermati in Polonia e in Ungheria è stato registrato tra gli operatori sanitari. Nel Regno Unito, più di 100 operatori sanitari hanno già perso la vita, tra cui portantini, addetti alle pulizie, receptionist, oltre a infermieri e medici, mentre 8.000 operatori sanitari sono risultati positivi al test nei Paesi Bassi.

Nel frattempo, da febbraio a oggi, più di 40 milioni di lavoratori hanno perso il lavoro in modo definitivo o temporaneo. I lavoratori sono sia i principali eroi che le principali vittime del coronavirus. Molti lavoratori stanno finalmente ottenendo il tanto atteso rispetto che meritano, nonostante rimangano sottopagati ed eccessivamente esposti al rischio. Il cambiamento dell’atteggiamento pubblico nei confronti di lavori precedentemente sottovalutati è visibile e udibile ogni sera quando le persone si affacciano al balcone o alla finestra per applaudire. La consapevolezza dell’importanza dei sistemi sanitari e dell’impatto dei tagli alla salute sta aumentando, ma vi è ancora il rischio che tutto torni esattamente come prima una volta conclusa l’emergenza.

La crisi ha riportato la solidarietà, principio fondante del nostro movimento sindacale, in cima all’agenda politica e ha dimostrato una volta per tutte che la società non è un concetto astratto. La situazione sarebbe molto più grave per i lavoratori sia in prima linea, sia in isolamento senza i sindacati che hanno lottato e ottenuto dispositivi di protezione adeguati e garanzie di reddito. Ogni Paese europeo dovrebbe presto disporre di un programma che consenta ai lavoratori di continuare a percepire una sostituzione adeguata della propria retribuzione, con l’aiuto di sussidi, a patto di evitare licenziamenti definitivi. I governi non hanno messo milioni di euro nelle tasche della classe operaia per una benevolenza innata, lo hanno fatto perché i sindacati si sono battuti per questo sostegno e lo hanno negoziato con ministri e dirigenti.

Questa crisi ha dimostrato a una nuova generazione il valore del sindacalismo e ha ristabilito saldamente il nostro ruolo nella società come forza numero uno per l’imparzialità. Dobbiamo adoperarci affinché gli applausi non vadano lentamente scemando senza una reale ricompensa per le persone che hanno rischiato (e, troppo spesso, perso tragicamente) la propria vita e garantire un ritorno sicuro al lavoro con una retribuzione più elevata e condizioni migliori per chi è a casa. A livello europeo, ciò comporta quattro punti: un pacchetto di ripresa senza precedenti per un modello economico più sostenibile e la creazione massiccia di posti di lavoro di qualità, il supporto di una negoziazione collettiva come modo più efficace per ottenere una retribuzione equa, il mantenimento della promessa di una legislazione per la parità retributiva e standard più elevati in materia di salute e sicurezza.

L’Unione europea ha dato segno di aver imparato la lezione della crisi finanziaria predisponendo misure di emergenza del valore di 540 miliardi di euro per supportare i lavoratori, le aziende e i sistemi sanitari con condizioni come privatizzazioni o ulteriori misure di austerità. In vista delle attuali difficoltà dei lavoratori nell’andare avanti, la somma stanziata deve essere resa disponibile immediatamente, senza ritardi. Per quanto riguarda la strategia di uscita e il piano di ripresa, l’UE e i governi nazionali dovrebbero ignorare le richieste da parte di chi possiede interessi acquisiti in una rimozione prematura delle misure di sicurezza e lavorare con i sindacati attraverso il dialogo sociale per garantire un ritorno sicuro al lavoro.

I sindacati saranno in prima linea nel dibattito per plasmare queste politiche in modo da promuovere la salute e la sicurezza sul lavoro, fornire aumenti retributivi e trasparenza nella retribuzione tra i generi, assicurare una negoziazione collettiva rafforzata, una protezione idonea per tutti i lavoratori nonché green deal, tassazione equa e transizione digitale socialmente corretta. Dobbiamo lavorare per rafforzare questa nuova narrativa, così da evitare di tornare a un passato di neoliberalismo cieco. Se tutto tornasse allo stato precedente, sarebbe un completo tradimento delle persone, degli eroi e delle vittime di questa pandemia. Il nostro sistema ha creato due enormi crisi globali in poco più di un decennio.

L’austerità ha lasciato i servizi pubblici e il sistema previdenziale dell’Europa spaventosamente impreparati dinanzi a questa emergenza. Tra il 2007 e il 2011, la spesa pubblica pro capite per la salute è calata fino al 28,9%. Il risultato: un 15% di posti letto d’ospedale in meno in Francia dal 2000 a oggi, con 22.000 posti di lavoro persi nel settore sanitario negli anni 2015-2017. Il Belgio ha registrato un taglio di 4.000 posti letto nel periodo 2010-2019, mentre il numero di posti letto nel Regno Unito è stato più che dimezzato negli ultimi 30 anni. Nel frattempo, la maggior parte degli Stati Membri dell’UE ha ridotto l’indennità di malattia fino al 7% nei cinque anni successivi alla crisi finanziaria, il che ha danneggiato la salute pubblica costringendo i lavoratori che percepiscono una retribuzione limitata ad andare al lavoro pur essendo malati.

In Ungheria, il numero di persone che ha beneficiato di un’indennità di malattia tra il 2005 e il 2013 si è dimezzato, con 17 milioni di giornate di malattia in meno prese in tale arco di tempo. Quello attuale deve essere il momento di una trasformazione radicale nella direzione economica, politica e sociale dell’Europa a favore dei lavoratori e del pianeta che condividiamo. L’unica risposta logica alla crisi deve essere il piano di ripresa più ambizioso dalla conclusione della Seconda Guerra Mondiale per affrontare la disoccupazione e la povertà, aumentare i salari e migliorare le condizioni di lavoro, specialmente per i lavoratori precari e non-standard, e ricostruire servizi pubblici e sistemi previdenziali solidi.

Oltre a conquistare protezione sociale, condizioni e salari equi per tutti i lavoratori, dobbiamo ripristinare la produzione industriale dell’Europa e creare milioni di posti di lavoro di qualità e altamente specializzati attraverso il green deal. Si tratta di una reale soluzione per riconquistare la sovranità dai fallimenti del capitalismo globale, a differenza dell’opportunismo con cui vengono additati i migranti dai populisti di destra. I confini nazionali, per quanto elevati o militarizzati, si sono dimostrati una barriera inefficace contro la diffusione del virus, e migranti e lavoratori mobili sono stati quelli colpiti più duramente.Questa esperienza ha dimostrato il messaggio centrale della festa internazionale del lavoro: i lavoratori di ogni estrazione sociale condividono le stesse difficoltà e la solidarietà è l’unica strada da intraprendere.

* Segretario Generale CES (Confederazione Europea dei Sindacati)

Per ulteriori informazioni sul lavoro del CES in materia di coronavirus, consultare il sito: https://www.etuc.org/en/publication/covid-19-watch-etuc-briefing-notes