«Se mia figlia potesse interessarsi del nostro Paese sarebbe una buona soluzione. Ma io l’ho sempe sconsigliata». Con poche e volutamente ambigue parole, Silvio Berlusconi, da Virus, torna ad accreditare l’ipotesi, ormai vicina a una certezza, della discesa in campo di Marina. Lei, si sa, ha smentito per l’ennesima volta, ma lasciandosi aperto uno spiraglio e forse qualcosina in più. L’Ncd, nella parte dell’avvoltoio che svolazza aspettando di divorare i resti del partitone azzurro, ha subito drizzato le orecchie, prima con Alfano e ieri con Quagliariello: «È un’ipotesi che parla al passato, non al futuro come noi». Il problema dell’ex cavaliere, al contrario, è proprio che la carta Marina potrà essere giocata solo in futuro, per le politiche, mentre il rischio di finire ko lui lo corre adesso.
Per fortuna che Micromega c’è. L’antiberlusconismo ossessivo è da sempre il miglior alleato di Berlusconi, e anche stavolta l’attacco intempestivo e fuori misura del periodico dà una mano al can che annega. Un appello, già sottoscritto da oltre 2mila firme, chiede che «il delinquente patentato» venga spedito di repente «in galera o in stringenti domiciliari che gli inibiscano radicalmente la scena pubblica, che invece continua impunemente a lordare».
Il reprobo, dal punto di vista strettamente politico, ci metterebbe la firma. Non da quello personale: al contrario, la minaccia di vedersi ritirare l’affidamento ai servizi sociali lo ha già convinto a moderare i toni. Sul piano della propaganda, invece, l’intemerata di Flores e colleghi sarebbe una mano santa e anche il solo averla messa in campo non guasta. I forzisti sgomitano per cogliere la ghiotta occasione al balzo. «Ecco la prova che Fi è in rimonta e che la sinistra non cambia mai», giubila Fitto e mezzo partito si esercita sullo stesso motivetto.
Purtroppo per Berlusconi, l’insperato supporto dei nemicissimi non basterà a restituirgli quel di cui ha bisogno come dell’ossigeno elettorale: un nemico da indicare alla sua delusa base elettorale per rinvigorirla e rimotivarla. Ci ha provato con Giorgio Napolitano: sarebbe stato il rivale perfetto. Peccato che il presidente sia un politico troppo navigato per cadere nella trappola. Ci ha provato con i magistrati, ma anche loro hanno esperienza sufficiente per capire che ritirargli l’affidamento ai servizi sociali ora significherebbe solo fargli un grosso favore. Ci ha provato con Beppe Grillo, ma caricare sul comico è lo sport preferito della politica nazionale, e un attacco in più, fosse pure l’azzardato paragone con Adof Hitler (ripreso anche ieri), è destinato per forza a perdersi nell’oceano della stigmatizzazione generale. Ci ha provato con Frau Merkel e lì qualche risultato lo ha ottenuto. Però per una formazione che fa parte del Ppe scagliarsi contro la leader di un altro partito dello stesso gruppo europeo è un’arma a metà spuntata. Infatti ieri l’Antitedesco ha dovuto precisare: «Condividiamo gli stessi valori, ma ci sono gradi distanze sulla politica economica tedesca».
Con Renzi, invece, l’ex cavaliere non può neppure provarci a sferrare colpi realmente duri. Per farlo, dovrebbe prima decidere di stracciare il patto del Nazareno. Nel partito sono in molti a consigliargli di farlo, a partire da Renato Brunetta. Ma per il momento il capo assoluto continua a dare ascolto ai pareri opposti, quelli di Denis Verdini e Giovanni Toti che gli consigliano di non fare pazzie perché in caso contrario si ritroverebbe tra capo e collo una legge elettorale che dire punitiva è poco. E anche sul piano giudiziario la vita potrebbe diventare ben più difficile.
Per risolvere il dilemma, Berlusconi aspetta i risultati elettorali. Per ora, di conseguenza, deve ribadire, come ha fatto anche ieri, la sua assoluta fedeltà al patto con Renzi sulla riforma del Senato («Di riforma vera c’è solo quella e noi manteniamo a parola data»).
Anche la battaglia contro il Pd che condizionerebbe Renzi trasformandolo in un tassatore ha perso ieri colpi. Alessandra Mussolini, con una discutibile trovata scenica, aveva presentato un emendamento al dl lavoro firmato proprio dall’ex senatore Silvio, giusto per indicarlo al volgo come leader della lotta contro quello anche ieri il capo ha definito “Cgil Act” . Ma la retromarcia decisa ieri del governo in omaggio ai diktat Ncd lo lascia a corto d’argomenti. Il decreto è pessimo più o meno come nella versione originale.
Così, Micromega a parte, non decolla. Il Grande piazzista è quello di sempre, non ha perso colpi. È la realtà circostante che è cambiata e stavolta sembra proprio che nemmeno lui possa rovesciare un pronostico mai così infausto. Per questo cerca freneticamente un colpo di scena di portata tale da rimetterlo in partita. Al momento non ha la minima idea di quale possa essere.