Il 2018 si annuncia pentastellare per i lavoratori torinesi. Alla grave crisi del settore industriale si stanno per sommare i licenziamenti collettivi delle partecipate in capo al Comune di Torino. Che scopre l’imprevedibile e bizzarra relazione tra il taglio dei fondi e il licenziamento dei lavoratori.

Dante Ajetti, funzionario Cgil della Camera del lavoro di Torino, segue tre vertenze che vedono coinvolte circa duecentocinquanta persone.

Ajetti, facciamo un viaggio nei licenziamenti della Città di Torino.

Partiamo dalla Fondazione Torino Musei: il comune di Torino ha tagliato finanziamenti relativi al 2018, senza dimenticare gli arretrati che non versa. Il presidente Cibrario, voluto da Chiara Appendino, un uomo ex Martini Rossi e presidente del ramo dell’ Unione industriale che si occupa di cultura, ha pensato bene di fare un piano in cui sostanzialmente si tagliano le teste dei lavoratori: si torna il vecchio concetto ottocentesco in cui il lavoro è una variabile. Il bilancio preventivo 2018 prevede che ventotto persone siano in esubero. Dismettono tre filoni di attività: il borgo medioevale, 13 persone, la biblioteca e fototeca della Galleria di Arte Moderna – la seconda in tutto il nord Italia – 8 persone, per concludere con il Museo diffuso della Resistenza, 3 persone. Il Borgo viene restituito al Comune di Torino che spera di trovare partner privati per una concessione ventennale. La biblioteca della Gam dovrebbe essere trasferita alla biblioteca Nazionale di Torino, anche se pare che non ci sia spazio. Il Museo diffuso della Resistenza ente dovrebbe passare al Polo del 900: problema che il Polo dovrebbe prendersi anche i lavoratori. A questi si aggiungono altro personale amministrativo considerato un di più. Il problema è che le due fondazioni bancarie, Crt e Compagnia Sanpaolo, che fanno i benefattori per molte cose in città, per approvare il bilancio chiedono che il piano venga realizzato: quindi i licenziamenti collettivi. Noi chiediamo a Comune Regione di risolvere il problema, ma lo chiediamo anche alle fondazioni. Cibrario continua a dichiarare che sono tutti d’accordo nel non lasciare a casa nessuno. Per il momento siamo in questa situazione: ieri mattina l’ennesimo incontro non ha prospettato alcun tipo di soluzione. Noi chiediamo il ritiro della procedura di licenziamento collettivo: dato che siamo tutti d’accordo si proceda. Al momento l’unica possibilità che emerge è che su ventotto dipendenti che saranno licenziati dieci possano rientrare in Comune: ma non è una concessione, dato che faceva parte di una accordo del 2002.

Capitolo Gtt, trasporto pubblico: quali novità?

Siamo stati ieri mattina ad un incontro in cui era presente l’amministratore delegato, Walter Ceresa, la sindaca Appendino e l’assessora La Pietra. Gtt ha dovuto fare tre scioperi negli ultimi due mesi per essere ricevuti. In quell’incontro la sindaca ha detto “non vi preoccupate, salveremo Gtt”. Ieri doveva arrivare con il piano industriale, una leggenda ormai, però si è presentata solo con tante parole. Tra le cose che a voce che ci hanno detto si è manifestata l’intenzione di procedere ad un massiccio licenziamento collettivo. Fino ad oggi si era parlato accompagnamenti morbidi, ma da ieri ci sono duecento uscite dure sul tavolo: si apre un fronte molto pericoloso. Va rinnovata la flotta, vogliono acquistare circa 470 bus, che però vengono comprati con la manutenzione affidata all’esterno. Nelle officine di Gtt lavorano duecento persone, viene da pensare che almeno una parte dei licenziamenti toccherà questo settore. Per noi questo è inaccettabile. In grande è lo stesso problema dei musei: chi approva un piano industriale centrato sui tagli esige poi che venga messo in pratica. Si tratta però di un taglio nella carne viva della città.

E Turismo Torino?

Idem: c’è un taglio da parte del comune di circa 240.000 euro, “non c’è certezza”. I posti di lavoro in pericolo sono in questo caso venti: siamo in una fase preliminare, ma molto minacciosa. In una situazione così, di crisi generalizzata per la città, il fatto che il Comune di Torinosi metta a fare i licenziamenti collettivi, indirettamente ma lo fa, è un fatto di una gravità inaudita. Dovrebbe accadere il contrario, favorire il lavoro in un momento, per altro molto lungo, di grave crisi occupazione per la città. Io seguo il Comune di Torino come sindacalista dal 1980 e non avevo mai visto licenziamenti collettivi di queste dimensioni, per altro senza riassorbimento. Non è chiaro quale principio muova questa amministrazione: credo che di fronte a difficoltà economiche pensino che il modo più semplice per farvi fronte è licenziare la gente: il lavoro come variabile, appunto. Roba da ottocento.