Una foto in cima al tetto del Lingotto e un reciproco sorriso sotto la pioggia. Così, Luigi Di Maio ha voluto comunicare la sua solidarietà, rigorosamente via social, alla sindaca di Torino Chiara Appendino («una delle donne più coraggiose che abbia mai conosciuto»), travolta da una nuova crisi istituzionale, in seguito all’addio del Salone dell’Auto, pronto a traslocare nell’invisa Milano.

Un post in stile «bastone e carota»: solidarietà da un lato e reprimenda dall’altro. Il vicepremier e leader del M5s l’ha mossa nei confronti di quelli che, con una perifrasi berlusconiana, ha definito «i nemici della contentezza». Una minoranza – interna ai pentastellati – rappresentata «da chi preferisce chiudersi e alimentare rancori e tensioni, credendosi portatore della conoscenza divina su cosa significhi “essere del MoVimento”». Le ultime tensioni sono nate in seguito alla decisione degli organizzatori del Salone dell’auto di lasciare, dopo cinque edizioni, Torino per la Lombardia. L’evento, svoltosi a giugno e non senza polemiche nella verde cornice del parco del Valentino, non è da confondere con lo storico e ben più imponente Salone internazionale dell’automobile, che si è sempre svolto al Lingotto fino al 2000.

La sindaca Appendino si è detta «furiosa per la decisione del comitato organizzatore» e per «una scelta che danneggia la città». E ha puntato direttamente il dito contro i successivi bersagli di Di Maio, sicura che nella scelta degli organizzatori della kermesse, capitanata dal presidente Andrea Levy, abbiano influito «alcune prese di posizione autolesioniste di alcuni consiglieri del Consiglio comunale e le dichiarazioni inqualificabili da parte del vicesindaco». Appendino, giovedì poco prima che tutto esplodesse, aveva annunciato che avrebbe votato contro la mozione, a prima firma Viviana Ferrero, pentastellata vicepresidente del Consiglio comunale, che chiedeva di impedire manifestazioni fieristiche nel parco del Valentino. Una posizione, quella della sindaca, che non è servita a impedire l’addio. Il vicesindaco Guido Montanari, in serata, si era scusato «per aver dato pretesto a polemiche strumentali». A lui erano state riferite dichiarazioni relative alla speranza che la grandine bloccasse l’ultima edizione della fiera automobilistica. Appendino, arrabbiata, aveva detto che si sarebbe riservata «qualche giorno per le valutazioni politiche del caso». Una chiosa criptica oggetto di svariate interpretazioni, da quella più drastica di dimissioni a quella del ridimensionamento del suo vice Montanari.

Le opposizioni (e i media) sono così partiti lancia in resta con la storia, ormai leitmotiv, dell’ennesima perdita di Torino nei confronti di Milano: dal Salone del Libro (fuga, però, neutralizzata) alle Olimpiadi, e ora l’auto. «No alle Olimpiadi, No alla Tav, No al Salone dell’auto, No alle grandi mostre, No alle trasformazioni urbane. E peraltro le periferie, usate ieri strumentalmente per raccogliere consenso, oggi sono abbandonate a sé stesse. È la decrescita felice teorizzata dal vicesindaco e che sta mortificando Torino, riducendola ad una città piccola, provinciale e senza ambizioni. La sindaca Appendino ne tragga le conseguenze», ha dichiarato l’ex primo cittadino Piero Fassino. Pure il vicepremier leghista Matteo Salvini non ha perso l’occasione per intervenire e dopo gli attacchi a Raggi, ieri, si è diretto contro Appendino: «Basta, non si governa solo con i no».

Tanto materiale incandescente per l’incontro, di ieri sera all’Hotel Royal di Torino, tra la base M5s e Di Maio. Titolo dell’assemblea: «Riorganizziamoci insieme». Il momento giusto per presentare la nuova figura del «facilitatore», neologismo del linguaggio grillino. «Abbiamo bisogno anche a livello regionale di facilitatori che si occupino della formazione e del coinvolgimento di nuove persone e di chi vuole a venire a parlare con M5s». Un incontro disertato da quasi metà degli eletti M5s, a testimonianza delle tensioni interne alla maggioranza della Appendino, seduta invece in platea. Il tema Tav silenziato. Non è detto che nella prossima settimana possano accelerarsi le procedure per cacciare i dissidenti, ha genericamente sottolineato Di Maio. Pochi, però, per non perdere la maggioranza.