Oltre mille e cinquecento feriti e una città attonita, vittima di una fobia che, da sabato sera, si è scoperta radicata in profondità nel cuore e nella mente dei suoi cittadini. I feriti gravi sono 5, di cui un bambino cinese di appena 7 anni, calpestato dalla folla che per pochi secondi ha sbandato. Si chiama Kevin, era in piazza con mamma e papà. Guarirà, ma sarà necessario del tempo.

Gli altri, i sopravissuti, raccontano scenari da Apocalypse now: la fuga disperata da una piazza che l’ossessione della sicurezza aveva trasformato in una trappola per topi. Sicurezza sui generis: se piazza san Carlo il primo maggio era il luogo più protetto e blindato d’Italia, contro il grave pericolo dei centri sociali, quella del mese successivo è una specie di terra di nessuno, dove va in scena la rappresentazione della sicurezza al posto della sicurezza.
Così, ecco formarsi un tappeto di vetri affilati, su cui poi si sono sfracellati i trentamila in fuga. I numerosi testimoni ribadiscono che l’assistenza ricevuta negli ospedali della città è stata esemplare: piccola e grande nota a margine che ricorda il significato della locuzione «servizio pubblico».

Così, una volta che viene archiviata l’emotività e si tira il fiato per lo scampato pericolo, i più si pongono la domanda «come è potuto accadere». Domanda che alla Questura, alla Prefettura e al Comune suona bizzarra.
Inizia così un grottesco gioco allo scarica barile, i tre pezzi dello Stato si sostengono reciprocamente rivendicando la bontà del loro operato, oppure parlando d’altro. Se addossare le colpe alla sindaca è oggettivamente fuori luogo, altrettanto è far apparire tutto come un evento fortuito.

L’apocalisse sfiorata di sabato sera viene implicitamente derubricata a evento naturale, tipo un terremoto: qualcosa al di là del ponderabile, e quindi inspiegabile e non prevedibile. Anzi, la colpa di tutto a un certo punto finisce addirittura sulle spalle di un ragazzo, accusato di aver urlato «sono un kamikaze». Si scoprirà che «il ragazzo con lo zainetto», il cui nome è Davide, in realtà stava tentando di tranquillizzare la folla sconvolta dalla paura.

Quindi, a distanza di due giorni, nessuno sa cosa abbia scatenato gli eventi, ma i torinesi si domandano come sia stato possibile che sia accaduto. I punti salienti sono: assenza di vie di fuga, tasso alcolemico fuori scala, densità umana priva di raziocinio, e poi un ignoto meccanismo di innesco che ha fatto scoppiare il pandemonio.

Le prime tre sono, storicamente, delle costanti delle feste sportive che periodicamente si svolgono in piazza san Carlo. Ma il resto? Le testimonianze sui controlli all’entrata dei varchi di accesso sono univoche: passava un po’ tutto. Chi era posizionato a tali accessi? Polizia? Vigili? Guardie private? Chi? Mistero. Poi c’erano gli ambulanti, massimo dieci, con le loro bacinelle cariche di birra e ghiaccio. Il proletariato – qualcuno sussurra manovrato dalla criminalità organizzata, ma in questo caso sarebbe un aggravante per chi doveva controllare – che sopravvive come può nella città più impoverita d’Italia: un bel capro pronto per la mannaia.

In un tragico quanto ego-riferito comunicato stampa, gli story tellers del Comune scaricano la responsabilità dei leggeri problemi di organizzazione sugli impiegati di Turismo Torino, un ente partecipato che politicamente non conta nulla.
Con un linguaggio gelido scrivono: «In relazione ai fatti di Piazza San Carlo (sic), la Città di Torino precisa che il soggetto organizzatore, Turismo Torino, ha operato con le medesime modalità messe in atto nel 2015 in occasione della finale proiettata il 6 giugno. Anche in quel caso la Città, con propria delibera, aveva incaricato Turismo Torino quale soggetto organizzatore e non era stato approvato alcun provvedimento di ulteriore limitazione nella vendita di vetro e metallo, oltre a ciò che è previsto dall’art. 8 bis del Regolamento di Polizia Urbana».

«È stato inoltre predisposto dalle forze dell’ordine un servizio di controllo degli accessi e presidio delle vie di fuga. Per ciò che concerne la presenza di venditori abusivi sono in corso le verifiche da parte dell’Amministrazione per individuare le eventuali responsabilità». Fine.

La sindaca 5 Stelle Chiara Appendino, in un accorato discorso, ieri pomeriggio ha annunciato ciò che la cittadinanza pretende a gran voce: una stretta sui paninari, e sui venditori ambulanti. «La piaga (sic bis) dei venditori abusivi – ha dichiarato – è un grave problema che può essere affrontato solo grazie a ulteriori azioni di prevenzione e repressione, che devono necessariamente essere condivise da tutte le forze dell’ordine».