Con un decreto interministeriale  tra MIUR, MEF e MLPS messo a protocollo il 5 giugno si regolamenta la sperimentazione a partire dal prossimo anno scolastico dell’apprendistato come nuova forma di alternanza scuola-lavoro al IV e V anno delle scuole superiori. Si conferma dunque l’indirizzo del Consiglio dell’UE sul rapporto tra formazione e lavoro che richiedeva di rafforzare e ampliare la formazione pratica “aumentando l’apprendimento basato sul lavoro”.

Questo provvedimento farà sperimentare la precarietà lavorativa già prima del diploma. Le scuole si piegheranno sommessamente agli interessi del capitalismo nostrano che oggi richiede forza lavoro scarsamente qualificata, intercambiabile e pronta a occupare le fasce basse del mercato del lavoro, senza diritti e tutele. Si attribuisce all’istruzione la responsabilità della mancanza di occupazione (in particolare tra i giovani, oggi oltre il 46%), causata invece dai provvedimenti di precarizzazione del mercato del lavoro, dal Pacchetto Treu al recente Decreto Poletti, e dalla mancanza di investimenti in istruzione, ricerca e innovazione.

Ancora una volta i percorsi formativi vengono dequalificati in favore di una idea aziendalistica dell’istruzione pubblica, che, anche a causa della precanalizzazione precoce, perde la propria funzione pedagogica per lasciare spazio all’insegnamento di mestieri piuttosto che di un complesso arco di competenze critiche. Il 35% delle ore scolastiche in azienda rappresenta un punto di non ritorno: si consegnano le nostre scuole agli interessi dei privati, tanto che non saranno più le scuole a immaginare i progetti di alternanza ma le aziende stesse con protocolli d’intesa con il MIUR e le Regioni.

Questo è solo uno dei tanti tasselli utili a capire cosa succederà l’11 luglio, quando a Torino si terrà il vertice europeo sulla disoccupazione giovanile, il primo dopo le elezioni europee del 25 Maggio e il primo del semestre italiano di presidenza del Consiglio dell’UE.

Conosciamo sin da ora il teatrino mediatico a cui assisteremo: dalle stanze blindatissime in cui si svolgerà il vertice tutti dichiareranno prioritario affrontare il “dramma” della disoccupazione giovanile, descrivendolo alla stregua di un fenomeno atmosferico abbattutosi sull’Europa e non come il frutto di politiche ben precise di precarizzazione del mondo del lavoro, tagli al welfare e all’istruzione, riduzione dei salari e dei diritti.

Conosciamo anche quale sarà l’esito di quest’incontro: ci racconteranno ancora una volta la favoletta della flessibilità, quella secondo cui dalla disoccupazione si esce soltanto precarizzando ulteriormente il mercato del lavoro, ci spiegheranno che il problema dei giovani è che siamo “choosy” e bamboccioni, per poi dire che serve ancora più meritocrazia e selezione. Infine ci diranno ancora una volta che il problema sono le nostre scuole e le nostre università troppo poco collegate con le esigenze del mercato.

Non vogliamo né crediamo sia possibile arrendersi alle miserie del presente, crediamo serva attivarsi per contrastare gli attacchi rappresentati dal Jobs Act, dal decreto Lupi e dal resto dei provvedimenti di questo Governo. Siamo una generazione che vive sulla propria pelle la precarietà esistenziale che si sostanzia in primis come esclusione: dal lavoro, dal welfare, dalla casa, dai diritti. Siamo una generazione votata alla subalternità, senza voce. L’11 luglio può costituire un momento per ribaltare anche le nostre vite, per renderci pienamente protagonisti.

Ribaltare il vertice è una necessità. Ribaltare il processo democratico, costruendo momenti di partecipazione e mobilitazione dal basso capaci di riprendere parola contro e oltre questo modello di Unione Europea; ribaltare l’ordine del discorso, rompendo la retorica della disoccupazione giovanile come accidente tecnico o come inclinazione culturale di una generazione ignava; ribaltare le priorità politiche, per mettere al centro del dibattito il radicale ripensamento della formazione, del welfare, della democrazia, del modello di sviluppo a livello continentale.

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