Nella città del Lingotto, dove Renzi aveva iniziato la campagna elettorale, resiste il centrosinistra a guida Pd: 33,69% alla Camera contro il 33,08% del centrodestra; 33,45% al Senato rispetto al 33,39%. Una manciata di voti per una magra consolazione. I dem trovano la loro roccaforte nei quartieri del centro, vola invece il Carroccio nelle periferie. I Cinquestelle, con il 24,2% alla Camera e il 23,9% al Senato, non replicano il boom nazionale nel capoluogo dove, pur occupando lo scranno più alto in Sala Rossa, arretrano; si consolidano, però, in Val di Susa con punte oltre il 40%. Nel resto della regione trionfa il centrodestra.

La palla di cristallo di Torino mette, invece, in evidenza che, se il prossimo governo nazionale a guida M5s non affronterà il problema della destrutturazione sociale ed economica delle periferie – non solo geografiche, dopo averne lisciato il pelo – con una politica redistributiva massiccia, lo smottamento a destra degli italiani sarà incontenibile. A Torino, il M5s di Chiara Appendino, che aveva inglobato tra il 2013 e il 2016 buona parte del voto operaio e di sinistra, perde voti proprio nelle zone che più aveva accarezzato nella campagna elettorale per le elezioni comunali del 2016. Nel quartiere Vallette, il M5s scende dal 37% al 30, come in Barriera di Milano, meno 7%, e in Circoscrizione 5.

Tagliato fuori il Partito Democratico, che è il primo partito in città, soprattutto grazie all’affermazione bulgara nel centro di uno tra i suoi volti migliori, Andrea Giorgis, costituzionalista. I voti delle periferie sono finiti tutti a Salvini e alla sua propaganda securitaria. La Lega ha triplicato o quadruplicato i voti: alle Vallette si avvicina al 20%, quota ampiamente superata in Barriera di Milano. Un passaggio grave perché il grande successo del M5s in questi quartieri nel 2016 era fondato, prevalentemente, su spinte redistributive e non xenofobe. Messe nel cassetto dei ricordi le prime dall’attuale governo cittadino, hanno avuto facile prevalenza quelle propagandate da Salvini. Simbolo di questo distacco è la consigliera del M5s Deborah Montalbano, popolare attivista delle Vallette, molto presente nei comitati dei senza casa. Proprio ieri ha lasciato il M5s, entrando nel gruppo misto, dopo che qualche giorno prima del voto aveva annunciato che non avrebbe dato la sua preferenza al M5s, data la lontananza della giunta dalle periferie e dal programma di governo. A Torino, LeU raggiunge uno dei migliori risultati a livello nazionale con il 5,5%, utile a superare il quorum del 3%: non è stato, però, rieletto in Parlamento Giorgio Airaudo.

Nel resto della regione è quasi cappotto del centrodestra che conquista 21 collegi sui 25 disponibili: tre a Torino vanno al centrosinistra, quello di Collegno alla Camera ai Cinquestelle, il primo partito del Piemonte. La coalizione capitanata da Lega e Forza Italia ottiene il 40,38% alla Camera, che sale al 46,58% nel Piemonte 2 (tutto le province tranne quella di Torino) e il 40,97% al Senato. Il centrosinistra è terzo dopo il M5s: tra le file dem non ce la fa a ritornare a Roma il più agguerrito sostenitore del Tav, Stefano Esposito. Nella Valle ribelle si consolida il M5s: a Bussoleno il candidato pentastellato al Senato ottiene il 46%. Nel Piemonte 2 esulta la Lega Nord che con il 26,4% conquista quattro seggi alla Camera e due al Senato. E tra i due maggiori azionisti della coalizione è già sfida per il candidato alle Regione, lo reclamano i berlusconiani ma la Lega batte i pugni: «La nostra linea è credibile». A sinistra, nella debacle complessiva, si registrano questi risultati: nel Piemonte 1, alla Camera LeU 4,51% e Pap 1,35, al Senato LeU 4,46 e Pap 1,20; nel Piemonte 2, alla Camera LeU 2,98% e Pap 0,92, al Senato LeU 2,86 e Pap 0,82. Niente per cui brindare.