TFF, Torino film festival numero 32, il primo diretto in «assolo« da Emanuela Martini che ha preso la guida della rassegna senza il direttore regista a partire da questa edizione. Paolo Virzì, ultimo in ordine di arrivo dopo Moretti e Amelio, è rimasto come «guest» con una selezione di «Diritti&rovesci» tutta italiana e tutta femminile. Dove troviamo tra gli altri il nuovo film di Wilma Labate, Qualcosa di noi, ritratto in prima persona di una prostituta, e Il viaggio di Marco Cavallo di Erika Rossi (insieme a Giuseppe Tedeschi), in cui si segue il cavallo di legno e cartapesta simbolo delle lotte di Basaglia a Trieste contro il manicomio, tornato in cammino per denunciare lo stato dei manicomi criminali in Italia oggi.

La direzione del Festival rimane la stessa: il concorso dedicato ai giovani registi, che per l’Italia quest’anno scommette sul documentario con un «novissimo», Davide Maldi, e il suo Frastuono, romanzo di formazione adolescente attraverso la musica, techno e punk. Più conosciuta è invece Eleonora Danco, attrice, regista di teatro, bravissima nei suo monologhi sfacciatamente personali, che è passata dietro alla macchina da presa. N-Capace è un ritratto di donna, e leggendo la sinossi fa pensare alle sue storie sul palcoscenico popolate di figure stravaganti, disperate sempre con lucida ironia.

In gara troviamo poi Jean-Charles Hue e il suo Mange tes morts, visto alla Quinzaine di Cannes, adorato dalla critica d’oltralpe: una famiglia rom, una festa, un road movie fuori dalle convenzioni. Dalla Francia arriva anche Virgil Vernier, lo avevamo scoperto con Orléans, Mercuriales (anch’esso viene da Cannes, era alle proiezioni Acid, prezioso serbatoio di scoperte) che è il suo lungometraggio d’esordio (sostenuto produttivamente dal Torino film lab) è un progetto ambizioso, in cui il regista percorre lo spazio urbano nel paesaggio di presente e passato, la Parigi sospesa della Defense, e delle torri gemelle, le Mercuriales del titolo, intrecciandoli all’amicizia di due ragazze.
Tra le anteprime, nella Festa mobile, il Tff sfodera il nuovo Woody Allen Magic in the Moonlight – in sala il 4 dicembre – ma anche il magnifico La chambre bleu di Mathieu Amalric e il doc di Debra Granik (Winter’s Bone) Stray Dog, ritratto di un biker americano in viaggio verso il Vietnam Memorial.

Sezione a parte è quella del Tff Doc curata da Davide Oberto, una selezione di documentari italiani e internazionali che lavorano sul confine, destrutturando l’idea stessa di «genere». La Storia diventa allora diario personale come in Endless Escape, Eternal Return di Harutyun Khachatryan, armeno (è anche il direttore del Festival dell’Albicocca di Yerevan), che narra vite in fuga dai regimi e dalle guerra, seguendo gli armeni che sono partiti dal loro paese, che si sono rifugiati in luoghi remoti, e mentre il tempo scorre, vediamo il terremoto dell’88, la guerra Nagorno-Karabak, la fine dell’Unione sovietica. L’oggi appare straniero, qualcosa si è perduto per sempre. Branco Sai preto fica di Adirley Queiròs mostra i paradossi del Brasile, violenza, repressione la lotta per risarcire chi nell’aggressione della polizia è rimasto sulla sedia a rotelle.

La sezione di ricerca Onde, curata da Massimo Causo, presenta un omaggio a Josephine Decker, artista e cineasta lanciata dal Forum nella scorsa Berlinale, che nel suo lavoro cita il camp mischiando generi come in un collage (po’ sopravvalutata) di erotismo, horror familiare, incesti, provocazione del desiderio. La selezione è molto varia – ma questa sembra essere la cifra di tutto il Festival che mette tante cose insieme, troppe con un effetto da contenitore. In Onde c’è anche il nuovo film dello scatenato Tonino de Bernardi, si chiama Jour et Nuit delle donne e degli uomini perduti (è un titolista geniale) e narra di vagabondaggi emozionali tra la Grecia e Parigi con Lou Castel e Joana Preis.