Adios Tony Musante. E adios Paco Roman, David Toma e Joe Ferrante. Anche se in America fu un duro tra post-Metodo e serie tv anni ’70, per noi fu una star del periodo più bello del nostro cinema d’exploitation, a cavallo tra il 68 e i primissimi anni ’70, interpretando film di culto come Il mercenario di Sergio Corbucci, L’uccello dalle piume di cristallo di Dario Argento, Indovina chi viene a cena di Giuseppe Patroni Griffi, Anonimo veneziano di Enrico Maria Salerno, per poi tornare sporadicamente a trovarci forte di quella antica fama. Tanto che ha finito la sua carriera proprio quest’anno in una fiction di culto supertrash come Pupetta, prodotto per Canale 5 da Alberto Tarallo. Ma Tony Musante, scomparso a 77 anni a New York, era un vero e solido attore americano, formato fra teatro, cinema e tv, che capitò un po’ per caso in un’Italia in pieno fermento di idee e di produzioni cinematografiche. Eravamo rimasti tutti impressionati dalle sue capacità nel fenomenale New York ore 3: l’ora dei vigliacchi (The Incident, 1967) di Larry Peerce, tutto ambientato sulla metro dove Musante, come Joe Ferrante, assieme al giovanissimo Martin Sheen terrorizzava i viaggiatori con un taglierino. A quel tempo Musante, che era nato a Bridgeport, nel Connecticut aveva già fatto un po’ di tv, come Alfred Hitchcock Presents, ma anche il teleplay Ride with Terror, da cui Larry Peerce riprese il suo film.

Ma fu il suo Joe Ferrante a convincere i produttori italiani a chiamarlo da noi. Nella intervista che gli feci per Stracult raccontava che venne per la prima volta a Roma tutto contento di poter fare il nostro cinema, che adorava da italoamericano, e pochi giorni dopo invece dei set di Fellini si ritrovò per mesi in Almeria sul set del suo primo unico spaghetti western, anzi tortilla western, Il mercenario, diretto da Sergio Corbucci, dove era Paco Roman, un peone rivoluzionario che se la vede col freddo Franco Nero e le meravigliose musiche di Ennio Morricone. Senza avere il tempo di capire dove fosse e cosa stesse facendo, Marina Cicogna lo portò subito dopo a Roma sul set di una commedia borghese come Metti una sera a cena di Giuseppe Patroni Griffi a fianco di Florinda Bolkan e Jean-Louis Trintignant, Dario Argento lo scritturò come protagonista di L’uccello dalle piume di cristallo e Enrico Maria Salerno lo portò a Venezia come protagonista morente di Anonimo veneziano in mezzo alle musiche di Stelvio Cipriani, Eriprando Visconti lo volle per Il caso Pisciotta.

Le cose non andarono così bene quando ritornò a lavorare con i registi americani nei primi anni ’70, anche se gli offrirono ottimi ruoli in ottimi noir come The Last Run, di Richard Fleischer con George C. Scott, girato fra Spagna e Portogallo, un film che doveva essere diretto da John Huston e, soprattutto, The Grissom Gang di Robert Aldrich, tratto da un celebre romanzo di James Hadley Chase, dove era uno dei componenti della violenta banda Grissom che rapisce una ragazzina, Kim Darby. Da protagonista in Italia, Tony Musante in patria, con quella faccia dura da italo-americano era condannato a ruoli da coprotagonista.

Così finì per sfruttare la sua faccia così caratteristica e preferì diventare una star della tv negli anni ’70, come dimostrano la fortunata serie Toma (1973-1974), dove è il detective David Toma sempre in corsa dietro i narcotrafficanti, ma anche le sue apparizioni in Police Story (1973-1978), una serie creata da Joseph Wambaugh. Specializzatosi nel noir, Tony Musante ritornò in Italia più volte, riprendendo il filo del discorso iniziato coi suoi primi film. Lo troviamo nella serie tv Alle origini della mafia (1976), nel film di Damiano Damiani Goodbye e Ame (1977), e nel curioso La gabbia, che doveva essere diretto da Lucio Fulci e finì nelle mani di Giuseppe Patroni Griffi, dove era lo schiavo sessuale di Laura Antonelli.

Trashissimo, Musante recita spesso nudo con un pezzo di lenzuolo a coprire le vergogne. Assolutamente da recuperare. Nel disfacimento del nostro cinema italiano di genere, ovvio che Musante preferisse le serie americane e qualche buon ruolo nei film americani più intelligenti. Recentemente lo abbiamo ritrovato in due bellissimi film diretti da James Gray, che doveva apprezzarlo molto, The Yards e I padroni della notte. Piccoli ruoli ma di grande spessore.