È la poltrona considerata più a rischio, quella del ministero delle infrastrutture e dei trasporti Danilo Toninelli. Perché se qualcuno dovesse proprio essere immolato nel rito purificatore del rimpasto, allora sarebbe lui la persona giusta, per diversi motivi che affondano in questo anno e poco più di governo, ben prima che la sospensione della Gronda lo rimettesse al centro delle polemiche. Sarebbe un segnale non da poco: Toninelli è, dentro e fuori dal M5S, l’emblema del paradigmatico cittadino che sbarca nella stanza dei bottoni. Di questo parlano le sue gaffe e soprattutto il modo in cui è finito all’angolo nella partita a scacchi gialloverde, creandosi alcuni nemici anche tra i suoi.

In verità, l’ex carabiniere e ispettore di agenzia assicurativa Toninelli, al secondo mandato in parlamento, nella lista dei ministri non doveva proprio esserci. Al suo posto era stato scelto il professore Mauro Coltorti, geologo e studioso di salvaguardia del territorio. Poi Toninelli si guardò intorno, scoprì che tutti i colonnelli grillini erano entrati nell’esecutivo tranne lui, e capì che forse era arrivato il suo momento. Allo stesso tempo, Luigi Di Maio valutò che forse sarebbe stato troppo rischioso affidare a un tecnico indipendente e con una sua identità professionale come Coltorti il ministero dal quale sarebbero passati i dossier più delicati per il 5S, Tav in testa. E allora scelse Toninelli, che si era messo in luce nella legislatura come esperto di legge elettorale e affari costituzionali del Movimento. Anche in questo caso era avvenuto tutto all’improvviso. Lui stesso ha raccontato di essere caduto nel ruolo dopo essersi preso ben 20 giorni di agosto per studiare la faccenda delle riforme e diventare l’esperto in materia per conto dei grillini.

Questi due momenti chiave della sua carriera dicono tutto di Toninelli, uno che nel bel mezzo della manciata di giorni in cui grillini e leghisti si chiusero in una stanza per comporre il «contratto di governo» postò su Facebook un suo primissimo piano con tanto di didascalia con la quale faceva notare la «massima concentrazione» con cui stava affrontando la delicatissima operazione diplomatica.

Dopo poche settimane si è ritrovato in prima linea nel marasma del disastro del ponte crollato a Genova. Qui sono cominciate le battute d’arresto. Toninelli promette un nuovo ponte in cui i cittadini «vivranno, giocheranno e mangeranno», appare in tv da Vespa con modellini di infrastrutture e un entusiasmo giudicato da molti fuori luogo e ai limiti dell’offesa soprattutto quando accoglie esultando l’approvazione del decreto Genova, provvedimento peraltro rivelatosi dopo poco insufficiente ad esaurire la questione. Che c’è poco da festeggiare, e che forse è meglio centellinare le uscite pubbliche di Toninelli, si accorge il regista delle esternazioni a 5 Stelle Rocco Casalino. Pian piano ma in maniera inesorabile blinda l’agenda mediatica del ministro fino a tenerlo sulle retrovie.

Lui torna a testa bassa al lavoro, rivelando anche spirito tutt’altro che anti-leghista ogni volta che ha avallato la linea salviniana sugli sbarchi, lui che potrebbe far valere la sua giurisdizione sui porti. Anche sulla grandi opere, Toninelli prima cerca di sbolognare la spinosissima svolta sulla Tav alla commissione costi-benefici. Quasi da subito però, il professore Marco Ponti chiarisce: «Noi forniamo gli elementi, ma le decisioni deve prenderle la politica». Da allora, ha lamentato di recente Ponti, Toninelli non si è fatto più sentire. Allo stesso modo, il ministro non gode di ottima fama presso i grillini più vicini ai No Tav, che non lo considerano in grado di prendere il toro dell’Alta velocità per le corna e puntano a un’interlocuzione diretta con Conte. Proprio ieri, del resto, il quasi-ministro delle infrastrutture Coltorti ha rilasciato una dichiarazione pro-Toninelli che tra le righe nasconde qualche trappola. «È un’autentica panzana la filastrocca secondo la quale Toninelli sarebbe un ministro che blocca i cantieri – dice Coltorti – Dalla Pedemontana veneta a quella lombarda, sulla quale il Mit ha sborsato fior di quattrini, arrivando fino alla Tav veneta, Toninelli ha sempre lavorato in maniera costruttiva sulle opere care alla Lega. Non solo: con lo Sblocca-Cantieri si è messa in atto la più massiccia operazione possibile in tema di semplificazioni burocratiche per accelerare lavori in tutto il paese. Di che parliamo?».