Nel luglio scorso sull’account Twitter del ministero dei Trasporti era comparso un post decisamente off topic: «Che colpo Ronaldo alla Juve». Lo staff del ministero aveva spiegato che si era trattato di un errore, di un banale scambio di profilo. Eppure Danilo Toninelli non ha fatto tesoro di quella lezione e, utilizzando il suo Instagram personale, ha pensato di postare, e poi modificare (immaginiamo dopo una crisi di nervi del suo social media manager, sempre che ne abbia uno) un selfie che lo ritrae con i figli, i capelli freschi di taglio, il suo barbiere sullo sfondo e una didascalia: “Gli ho revocato la revoca della concessione”. Utilizzare la vicenda di ponte Morandi per fare dell’ironia? Per vanità? Per rispondere alla satira de Il Lercio (sito web di satira che per primo aveva scherzato sulla capigliatura del ministro)? Purtroppo, per usare un’espressione che arriva dal mondo di Facebook, «Non è Lercio». Toninelli l’ha fatto davvero, scatenando una valanga di commenti di indignazione, rigori a porta vuota, come quello di Matteo Renzi, «Quest’uomo non sta bene, aiutatelo», di Nicola Fratoianni «Lui scherza e straparla, ma c’è una città ferita che aspetta atti concreti e forti». Poche ore prima, il ministro a Cinque Stelle, si faceva fotografare, sorridente con Bruno Vespa e un plastico del ponte crollato.
Dalle istituzioni genovesi, sulla questione, un dignitoso silenzio. Le questioni da affrontare sono ben altre e, sempre via social network, è il presidente della Regione Liguria e commissario per l’emergenza Giovanni Toti, di primo mattino, a mettere in guardia il governo. «Che ha fatto – scrive su Facebook – un decreto su Genova, ma se i tempi non saranno quelli previsti da noi, entro settembre inizio demolizione, entro novembre inizio cantiere, ne risponderanno davanti ai liguri e agli italiani. Non tollereremo un’ora di ritardo, per nessuna ragione al mondo».
Perché l’incontro con il premier Giuseppe Conte, è evidente, è stato positivo solo a metà. Il decreto ad hoc, sventolato dal presidente del consiglio in piazza De Ferrari davanti a 15 mila genovesi, sarà ridiscusso e limato con Toti e il sindaco Bucci martedì, a Roma. Agevolazioni fiscali, misure per rilanciare logistica e traffici portuali, per la viabilità, norme per la messa in sicurezza delle infrastrutture, una zona franca urbana ma, soprattutto, un commissario per la ricostruzione. Nebulose le indicazioni nel decreto sia per quanto riguarda poteri e competenze, sia per quanto riguarda il nome. Quello che si sa è che il commissario per la ricostruzione deciderà chi realizzerà il nuovo viadotto: Fincantieri e altre aziende di stato, da sole, o affiancate da Autostrade. Ed è questo il nodo più difficile da sciogliere. Toti, da subito, aveva chiesto di potersi occupare anche del «dopo emergenza», consapevole che una figura imposta da Roma potrebbe remare per l’opzione che esclude Aspi dai giochi. Regione Liguria e Comune di Genova, invece, non hanno mai smesso di considerare Autostrade l’interlocutore per portare avanti il progetto donato da Renzo Piano. Se non altro per accelerare i tempi. Una posizione dalla quale Edoardo Rixi, Lega, ora viceministro alle Infrastrutture ma ex braccio destro di Toti in Regione, si smarca, facendo eco a Matteo Salvini. «Riterrei inopportuno il coinvolgimento di Autostrade, ma se ricostruirà o no lo deciderà il commissario». Appunto.
Tra i nomi circolati c’è anche il suo, di Rixi. Oltre a quelli di Giovanni Toti e Marco Bucci, («Non me l’ha chiesto nessuno, ma se fosse non mi tirerò indietro», ha detto). Il premier Conte ha promesso un commissario «bravissimo, esperto di problematiche logistiche e portuali». Un profilo che porta, ma è solo un’ipotesi, a Iolanda Romano, già commissario straordinario per il terzo valico.
Sul fronte dell’inchiesta, intanto, potrebbe più che raddoppiare il numero degli indagati: la guardia di finanza ha fornito ai pm una lista di 60 nomi su cui potrebbero ricadere responsabilità penali per il crollo di ponte Morandi. Ai magistrati spetta ora il compito di un eventuale aggiornamento rispetto ai 20 già iscritti nel registro degli indagati.