I festeggiamenti per la cinquantesima edizione del festival di Santarcangelo termineranno con l’appuntamento del prossimo luglio ed è già tempo di pensare al futuro. Dopo due anni di direzione artistica dei Motus, che hanno saputo tenere testa alla sfida della pandemia, il testimone passerà a Tomasz Kirenczuk dal 2022 al 2024. Scelto tramite una chiamata pubblica, il trentasettenne polacco è tra i fondatori del Teatr Nowy a Cracovia, teatro privato votato alla ricerca e particolarmente attento alle giovani generazioni in un contesto dove gli stabili pubblici, gli unici ammessi fino al 1989, rimangono determinanti.

Dal 2011 ha collaborato con il festival di teatro internazionale Dialog di Wrocław di cui poi è diventato programmatore, ruolo nel quale ha dovuto affrontare un’incresciosa situazione nel 2017. Il Ministero dei Beni Culturali del presidente Duda non apprezzò la sua scelta di inserire in cartellone The Curse di Oliver Frljic, ritenuto un insulto alla nazione, alla bandiera e alla Chiesa oltre che un incoraggiamento alla sodomia. La decisione fu di ritirare tutti i fondi assegnati al festival a pochi giorni dall’inizio. Di fronte alla possibilità di cancellare lo spettacolo per mantenere i finanziamenti, Kirenczuk decise di andare avanti, rinunciando piuttosto ad altri nomi in programma e ricevendo un’importante solidarietà internazionale. In un clima oggi ancora più esasperato il curatore, che ha studiato per diversi anni in Italia, afferma: «Nella situazione attuale è ancor più evidente che gli artisti stanno entrando nel campo critico e politico, mi interessa molto perché ci dà la possibilità di capire le potenzialità di questo mezzo di comunicazione che è il teatro».

Il teatro in Polonia è fortemente finanziato dallo Stato, che impressione hai dei meccanismi produttivi in Italia?
Il sistema della produzione artistica è effettivamente molto diverso in Polonia, lì è fortemente basato su finanziamenti statali e comunali, molto più che in Italia. Motivo per cui la ricerca teatrale si svolge soprattutto nelle istituzioni pubbliche. Certo, entrando in una situazione politica complessa, vediamo le conseguenze di questa connessione così forte. Se osserviamo le reazioni allo spettacolo The Curse di Oliver Frljic, vediamo come chi ha il potere può entrare nel processo produttivo. I sistemi tra le due nazioni sono sostanzialmente opposti e credo possano imparare l’una dall’altra. Lavorando con i giovani artisti qui in Polonia, ripeto spesso loro di non considerare unicamente le istituzioni pubbliche come possibili produttori perché se è vero che garantiscono una sicurezza economica, è vero anche che pongono dei limiti alla ricerca. Se ogni due mesi si è costretti a proporre un nuovo spettacolo sarà difficile trovare un proprio linguaggio, prendersi dei rischi e sperimentare. In Italia vedo numerose compagnie indipendenti, artisti che lavorano insieme per tanti anni e questo sicuramente aiuta molto a sviluppare un percorso individuale e originale, tuttavia manca il sostegno economico necessario.

Tre anni fa hai fondato il Laboratorio, un programma del Teatr Nowy dedicato alle giovani generazioni che dà loro i mezzi per la completa realizzazione di uno spettacolo.
Volevo creare uno spazio dove alcuni giovani artisti potessero lavorare intensamente su un progetto creato da loro, senza alcuna imposizione sulla linea estetica da seguire. Abbiamo dato loro la possibilità di confrontarsi con artisti riconosciuti a livello internazionale, tra gli altri sono venuti Lola Arias, Motus, Gianina Carbunariu per fare delle masterclass mettendosi completamente al servizio, per così dire, dei giovani. La cosa interessante è che durante questo anno in cui si lavora insieme il progetto può anche venire completamente stravolto, fino ad arrivare al debutto sul palco del Teatr Nowy. Nell’ultima edizione abbiamo scelto tre registe, Daria Kubisiak, Klaudia Hartung-Wójciak, Karolina Szczypek e abbiamo voluto favorire quei progetti che si mettessero in dialogo con la realtà storica e sociale.

Hai già delle idee per la tua direzione artistica al festival di Santarcangelo?
Il confronto tra diverse generazioni di artisti è veramente vitale e quindi proverò a portarlo al festival, penso che ci debba essere una certa varietà e che anche per il pubblico sia importante incontrare le nuove sensibilità. Ho una grande ammirazione per la storia Santarcangelo e per la sua programmazione spesso coraggiosa, vorrei che rimanesse un festival empatico, che supporta la creazione e dà spazio alla sperimentazione ma che sia anche attento alla situazione sociale. Non credo che appuntamenti di questo tipo ci servano solamente per presentare le opere, ma anche per incontrare gli artisti e capire insieme a loro cosa sta accadendo intorno a noi.