Nella vita d’alpinista di Tom Ballard c’è poco di ordinario: si può dire che lo scalatore britannico abbia iniziato a salire le montagne ancora prima di nascere, quando sua madre, incinta di lui al sesto mese, scalò l’Eiger nel 1988. Rilevante per Tom, più del fatto in sé, fu il racconto di quell’episodio nel corso degli anni: giornalisti sempre presenti prima, quando Alison Hargreaves era una delle alpiniste più forti al mondo, e anche dopo la sua scomparsa sul K2, nel ricostruire le controverse imprese.

Ballard cresce con una naturale diffidenza per i media e una concezione del tempo non comune. Il suo alpinismo inizia in grembo, sua madre è un insieme di ricordi tra casa, montagne e campo base nei primi 7 anni di vita. Poi ci sono riverberi di racconti, autentici come quelli del padre James, a volte distorti nei libri. In un mondo così particolare, il segno tra presente e passato, vita e morte, presenza e assenza non è netto, ma nella montagna Tom trova la propria inseparabile bussola.

Ballard cresce con la sorella Kate, di due anni più giovane, sotto la guida del padre. La famiglia si divide tra la Scozia e un girovagare in furgone che li porta dove ci sono possibilità di vivere quella vita avventurosa «che io e Alison ci eravamo detti mai avremmo impedito ai nostri figli». L’arrivo dei Ballard in Trentino non passa inosservato: chi è quel matto che va in giro da solo ad arrampicare in valle? Chi sono quelli là che vivono in una tenda d’inverno? Lentamente la comunità si avvicina a Tom e James, accampati a Pozza di Fassa come alla base di un Ottomila. Il linguaggio comune delle montagne taglia le distanze linguistiche.

Il giovane Ballard nel frattempo ha già iniziato a esprimere un alpinismo originale e coraggioso: a vent’anni scala la Scottish Route sull’Eiger in invernale, più nuovi 1000 metri aggiunti alla via. Poi Francia e infine Italia, le Dolomiti, circa duecento vie in breve tempo. Il tutto lontano dai riflettori, perché «strapparmi delle informazioni è come cavare il sangue da una rapa. Arrampico perché mi piace». Un piacere spesso vissuto da solo, come sulla via Dulfer alla Croda da Lago, forse la prima solitaria di quella salita del 1911.

Tom ama i Monti Pallidi e ha sempre avuto un debole per gli itinerari desueti. Nel 2015 Ballard diventa però suo malgrado famoso anche fuori dal novero dei super esperti: scala, in invernale, sei tra le più importanti vie sulle nord di Cima Grande di Lavaredo, Badile, Cervino, Grandes Jorasses, Petit Dru e Eiger. Alison aveva salito le stesse pareti in estate, sempre in solitaria.

Qua il filo tra Tom e sua madre si riannoda, ma nel frattempo la vita di Ballard si è arricchita dell’amore di Stefania, la fidanzata, e dell’affetto di suo padre, la guida alpina Bruno Pederiva. I due si legano spesso insieme per scalare, Stefania anche, ma l’avventura porta Tom di nuovo lontano; nel 2017 in Himalaya, la prima volta con Nardi. Con il Nanga Parbat, Ballard infine arriva agli Ottomila, in un percorso troppo facile da etichettare come sulle orme della madre. Sicuramente sono tante le intersezioni, i rimandi.

E oggi quella frase, tratta dal Piccolo Principe, che Stefania ha postato pochi giorni fa sul proprio profilo Facebook – «Quando vuoi vedermi guarda le stelle, io sono con te» – ci riporta non solo un alpinista d’eccezione, ma un uomo non ordinario, costantemente in dialogo con l’infinito.