Lui si dice «turbato» e «preoccupato». A dispetto dell’abituale aplomb, la sagoma di Pierpaolo Bruni trasuda ansia. «Mi hanno lasciato solo» confida ai suoi stretti collaboratori. La decisione inaudita e contraddittoria del prefetto di Crotone di depotenziare il sistema di sicurezza, che finora era stato garantito al pm della Dda di Catanzaro nel mirino della ‘ndrangheta, lo ha messo in serio allarme. A marzo di quest’anno alcuni balordi avevano rubato la macchina del padre presso l’abitazione crotonese del magistrato, nonostante ci fossero le telecamere. Poche settimane fa si è appreso da un detenuto nel carcere di Siano che esiste un progetto di attentato preparato da un network di cosche, cosentine, lametine e vibonesi, nei suoi confronti. Il detenuto, nel rivelare il progetto, ha anche descritto nei minimi particolari gli spostamenti del magistrato. «Verrà fatto saltare per aria lungo la Silana-Crotonese, con un congegno pilotato a distanza». Il tritolo sarebbe già pronto. Ma, incurante di ciò, il prefetto della città pitagorica ha messo nero su bianco: la video sorveglianza sotto casa del magistrato va rimossa. Una ditta, incaricata dalla prefettura, con singolare solerzia ha già provveduto a disinstallare l’impianto. Come volevasi dimostrare, il giorno dopo la rimozione del circuito, alcuni sconosciuti hanno manomesso un tombino sotto casa del magistrato.

«In un decennio, un giovane magistrato crotonese, componente della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Pierpaolo Bruni, come altri valorosi magistrati che lavorano in tutto il paese, ha assicurato alla giustizia capicosca della ‘ndrangheta di grosso calibro, ha riportato nella disponibilità dello Stato beni posseduti dalla criminalità organizzata, ha di fatto contribuito alla crescita del fenomeno del pentitismo anche nella ‘ndrangheta, ha scosso le immobili radici di un sistema che autoalimentandosi ha coinvolto, inquinando, importanti settori della politica, dell’imprenditoria, delle istituzioni. Di fatto ha svelato un grumo pericoloso composto da ‘ndrangheta, massoneria deviata, settori della politica e della pubblica amministrazione» si legge in un appello (#iostoconbruni #calabriasola #statodovesei) lanciato dall’associazione Fare Insieme di Crotone. La petizione, che ha già ricevuto in poco tempo migliaia di firme, chiede al ministro degli Interni Alfano di ripristinare la protezione perchè è assurdo che «dopo anni di dedizione, di sacrificio, dopo aver messo a repentaglio la sua vita e quella della sua famiglia, lo Stato riduca il livello di tutela e di sicurezza del giudice Bruni».