L’incontro con l’orso può essere una fonte di imprevisto terrore per alcuni, piuttosto che rappresentare l’eccitante opportunità di vivere una presunta wilderness per altri, spinti dall’irrefrenabile desiderio di potere fotografare o riprendere l’animale.

La ricerca di un avvistamento è tuttavia da scoraggiare. L’orso è infatti un animale schivo e se si accorge della presenza umana tende a evitarla, per cui eventuali incontri spesso si verificano quando l’animale stesso viene colto di sorpresa. Bisogna tuttavia considerare anche la tesi secondo la quale gli orsi abbiano notevoli capacità di adattamento alla presenza dell’uomo e alle sue attività, soprattutto se relazionate alla possibilità di procurarsi cibo. «Sarebbero, in generale, meno sensibili al disturbo antropico rispetto a quanto ipotizzato in passato», ci spiega Claudio Groff, il responsabile grandi carnivori della Provincia Autonoma di Trento che in questi venti anni ha toccato con mano il rapporto tra orso e uomo.

In sintesi l’incontro con il plantigrado in Trentino è sempre possibile e anche più frequentemente rispetto al passato. Questo non vuol dire che la sorpresa sia gradita all’animale stesso, e per capire come comportarsi vale la pena riprendere uno studio effettuato dall’ente parco Adamello Brenta, basato su testimonianze dirette raccolte fino al 2013 (prima quindi dei casi di aggressione). L’ente parco, sulla base di interviste realizzate con chi aveva incontrato l’orso (256 casi analizzati), ha documentato la reazione dell’animale in relazione a parametri variabili (presenza di cuccioli, ambiente aperto o meno, distanza, presenza di cani o di cibo). In oltre il 50% dei casi l’animale si è allontanato, mentre solo in una percentuale di poco inferiore al 5% l’orso si è avvicinato o ha simulato un attacco. Inoltre è stato rilevato come oltre i 100 metri l’orso non abbia mai reagito all’uomo. Sembrano però ricorrere due situazioni nelle quali l’animale si mostra meno precipitoso e che richiedono la massima attenzione. «In primo luogo le femmine orso sono risultate più vigili in presenza di piccoli» – conferma Groff. «Questo non significa che l’animale sia più aggressivo, ma valuta più attentamente la situazione prima di prendere una decisione quale potrebbe essere la fuga».

Molto delicato un incontro anche quando l’orso si sta cibando. Coglierlo, soprattutto di sorpresa, durante un pasto potrebbe innervosirlo: nella scala delle priorità per l’animale la difesa della preda può risultare prioritaria rispetto all’abbandono. Infine tra le casistiche più controverse la presenza di cani: «Soprattutto se lasciato libero, può diventare una fonte di stress importante», conferma il provinciale. Difatti chi è stato in zone frequentate dal plantigrado può avere notato il proprio animale particolarmente spaventato e restio a procedere, situazione che però può mutare rapidamente quando l’incontro è improvviso. In tale situazione il cane può trasformare la propria paura in aggressività, salvo poi battere in una rapida ritirata una volta scatenata la reazione dell’orso. Pur non essendo la mole di dati sufficiente per avere rilevanza statistica, in due delle tre aggressioni avvenute a partire dal 2014 l’uomo era accompagnato dal proprio animale. Quello che si può aggiungere è che gli orsi troppo confidenti per lasciarsi intimidire dall’uomo, sono stati stimati in una percentuale tra il 3% e il 5%: su una popolazione di 50 individui la possibilità di incontrare quei due elementi pericolosi rimane molto bassa. I consigli agli escursionisti non possono però che essere sempre gli stessi: «Segnalare per quanto possibile la propria presenza in zona facendo rumore e nel malcapitato caso di un incontro, non essere precipitosi». È molto facile insomma che quel grosso animale che ci troviamo davanti sia un essere pacifico e indifferente. Una dignitosa ritirata dell’uomo potrebbe essere la soluzione migliore per salvare così orgoglio e pelle in una mossa.

L’ursus arctos, comunemente orso bruno, dopo la reintroduzione dalla Slovenia conta in Trentino ormai un numero compreso tra 49 e 66 esemplari. «La popolazione ha raggiunto una certa stabilità nell’ultimo quadriennio, presentando un numero di esemplari su questo territorio compatibili con la soglia raggiungibile». Come è noto le femmine sono maggiormente stanziali, e occupano un’area di circa 1090 kmq, con una densità di circa 3,2 orsi su 100 kmq, mentre i maschi spaziano su un’area più ampia, pari a oltre 20mila kmq. «Fenomeni di infanticidio e alcuni casi di morti causate dall’uomo hanno contribuito poi alla statistica. Bisogna infatti considerare che alcuni cuccioli, quando la popolazione maschile raggiunge un certo numero, vengono uccisi da esemplari adulti concorrenti per garantirsi a loro volta più possibilità riproduttive con le femmine. Inoltre abbiamo riscontrato casi di avvelenamento o di bracconaggio». Il Trentino non è ancora una terra sicura per l’orso anche per via del patrimonio genetico presente. Tutti gli esemplari nati dopo la reintroduzione sono figli di due padri (Joze e Gasper). Se scoppiasse un’epidemia non è detto che questi orsi abbiano nel loro dna le risorse per fronteggiarla con successo.
Tornando al comportamento, l’orso ha un udito molto sviluppato e un olfatto acutissimo, la vista è invece mediocre. «Sono animali prevalentemente crepuscolari e notturni, sensibili all’inquinamento acustico e luminoso. Mangiano vegetali per due terzi della dieta, la carne non è il pasto preferito». Ai primi freddi, quando il cibo scarseggia, gli orsi vanno alla ricerca di un rifugio asciutto dove trascorrere l’inverno. Nella tana l’orso cade in un torpore che gli consente di far fronte alle basse temperature e alla mancanza di cibo. Non si tratta di un letargo vero e proprio: gli orsi mantengono un buon grado di reattività agli stimoli esterni e possono uscire fuori dalla tana durante le belle giornate invernali.
Tutto ci racconta di un animale tendenzialmente schivo e solitario. Allo stesso tempo però, almeno in Trentino, l’orso sembra essersi fatto più confidente.