Il 16 giugno 2021 il presidente della Repubblica tunisina Kaïs Saïed è stato insignito di un dottorato di ricerca honoris causa da parte dell’Università La Sapienza di Roma in Diritto romano, teoria degli ordinamenti e diritto privato del mercato (comunicato stampa de La Sapienza pubblicato il 16 giugno 2021). Nelle motivazioni si può leggere che questo riconoscimento viene assegnato a Kaïs Saïed per il suo contributo alla stesura della Costituzione tunisina del 2014 e «il decisivo contributo, scientifico e istituzionale, offerto alla causa del dialogo tra ordinamenti giuridici diversi, di cui il Diritto romano è matrice storica essenziale, fondato sul rispetto reciproco e la valorizzazione dei diritti umani».

Poco dopo aver ottenuto questo importante riconoscimento, il 25 luglio 2021, il presidente tunisino, appellandosi all’art. 80 della Costituzione del 2014, ha sospeso le attività del parlamento, ha sciolto il governo, ha revocato l’immunità ai membri del parlamento, ha annunciato la preparazione di altri decreti per assicurare il ritorno alla pace sociale, ha dichiarato che il presidente della Repubblica avrebbe designato i membri del governo e avrebbe presieduto il Consiglio dei ministri. Decisioni, queste, che stridono fortemente con i principi della democrazia costituzionale proclamati dalla costituzione tunisina del 2014. Successivamente, dopo il 25 luglio, alcuni esponenti civili dell’opposizione, o solo velatamente critici verso il nuovo assetto politico imposto da Saïed sono stati processati di fronte a corti militari e arrestati, tra cui avvocati e parlamentari. Diversi organismi tunisini, tra cui l’Unione nazionale dei giornalisti tunisini, hanno già lanciato l’allarme sulle conseguenze che queste scelte potranno avere sulla libertà di stampa e di opinione.

Inoltre il presidente tunisino ha rivolto discorsi molto concilianti verso le forze armate, cercandone il consenso e l’appoggio, sfruttando le manifestazioni di protesta contro quei partiti politici che non sono stati in grado di soddisfare le rivendicazioni sociali, economiche e politiche che hanno rappresentato la base della rivoluzione del 2010. Ancora: il 10 dicembre, il presidente Saïed ha dichiarato che «il problema della Tunisia di oggi deriva dalla Costituzione del 2014. È emerso che questa legge fondamentale non è più valida e che non possiamo continuare ad applicarla perché non ha alcuna legittimità». Tre giorni dopo, ha annunciato la creazione di una commissione con il compito di redigere una nuova costituzione che sarà approvata da un referendum il 25 luglio 2022.

Tutto questo pone seri dubbi sull’opportunità di conferire alcun riconoscimento da parte delle autorità accademiche italiane al presidente tunisino. Nessuno pretende che quelle della Sapienza potessero prevedere ciò che Kaïs Saïed avrebbe fatto il 25 luglio successivo al conferimento del dottorato di ricerca honoris causa, ma sono pur veri due dati di fatto. Primo: fin dalla sua ascesa alla presidenza della Repubblica tunisina era noto il conservatorismo autoritario che contraddistingue le posizioni politiche di Kaïs Saïed e che si è espresso nel rifiuto di promulgare alcune leggi approvate dall’Assemblea dei rappresentanti del popolo e nella sua autoproclamazione a comandante supremo di tutte le forze armate.

Secondo: la deriva autoritaria imposta alla Tunisia oggi è evidente e sotto gli occhi di tutti. Questo nuovo scenario, che sicuramente minerà gravemente i risultati conquistati dopo la rivoluzione del 2010, di cui è parte la Costituzione oggi messa in discussione da Saïed, non può essere ignorato da quelle stesse autorità accademiche che hanno concesso l’importante riconoscimento a Kaïs Saïed. Per questo motivo pensiamo siano auspicabili il ritiro di quel riconoscimento al presidente tunisino e l’impegno delle università italiane e dell’opinione pubblica italiana e internazionale a difesa dei diritti fondamentali che il popolo tunisino si è conquistato nel 2010, ad un costo umano considerevole cacciando il dittatore Ben Ali e avviando la Tunisia sulla via della democrazia costituzionale.

Primi firmatari

Domenico Gallo, Presidente di Sezione emerito Corte di Cassazione; Gustavo Gozzi, docente Università di Bologna; Domenico Quirico, giornalista de La Stampa; Angelo Stefanini, docente Università di Bologna; Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo; Riccardo Bellofiore, già docente Università di Bergamo: Wasim Dahmash Università di Cagliari; Alberto Savioli, Università di Udine; Luca Baccelli, Università di Camerino Gianni Del Panta, Scuola Normale Superiore, Firenze; Enrico Pulieri, SOAS, Londra; Luciano Nuzzo, Università Rio de Janeiro; Gennaro Gervasio, Università Roma Tre; Lorenzo Bianchi, Università di Torino; Stefano Cremonesi, Durham University; Gino del Ferrero, New York University; Mario Martone, King’s College London; Marco Meineri, École Polytechnique Fédérale de Lausanne; Michelangelo Preti, King’s College London; Cinzia Nachira, Università del Salento.

Per adesioni all’appello: cinzianachira@gmail.com