Nella locandina della serie tv del momento – 1992 – l’ingresso del palazzo di giustizia di Milano si intravede in cima alla famosa scalinata e fa da sfondo evocativo per gli attori che interpretano Gherardo Colombo, Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo, magistrati nell’epoca in cui i magistrati erano eroi. Non c’erano metal detector allora, e se qualcuno entrava con cattive intenzioni era perché voleva abbracciare Di Pietro. Quasi un quarto di secolo dopo il palazzo di giustizia ha visto di tutto, anche l’attuale ministro dell’interno Alfano, quello che dovrebbe garantire la sicurezza, capeggiare in quelle stanze una chiassosa rivolta di parlamentari berlusconiani. E adesso si spara: 13 colpi di pistola indirizzati verso cinque persone. Due feriti gravi, tre morti, uno di questi era un giudice.

E’ un tempo in cui l’umore dei magistrati italiani non potrebbe essere più basso, e a dargli voce, per primo, è proprio Colombo, quello vero, ormai il più lontano da Mani pulite tanto da essere consigliere d’amministrazione Rai. Lo raggiunge una televisione concorrente, Sky, la stessa della serie 1992. E lui: “Certamente questa continua sottovalutazione del ruolo, di svalutazione dei magistrati, contribuisce a creare un clima”. Dopo un po’ nelle mailing list delle toghe si comincia a parlare di sciopero.
Interviene l’Associazione nazionale magistrati. Oggi un minuto di silenzio in tutte le aule di giustizia, domani assemblea con i vertici a Milano. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella convoca, da presidente, una riunione straordinaria del Csm. Che dura pochissimo. Il tempo per il vicepresidente Legnini (Pd) di lamentare la “poca attenzione all’enorme lavoro quotidiano che i magistrati svolgono in condizioni difficili” e per Mattarella di dire con chiarezza che “va respinta ogni forma di discredito nei confronti dei magistrati”. Il presidente poi raccomanda di reagire rispettando “le garanzie costituzionali e dei diritti dell’uomo” e infine poche parole arrivano dai rappresentanti della magistratura milanese. Che oggi nel Csm sono solo due e nessuno è una “toga rossa”. Dalla destra di Magistratura indipendente viene il giudice Claudio Galoppi, dalla corrente moderata di Unicost il presidente di sezione di corte d’appello Rosario Spina.

Si indigna il vicepresidente del senato, il leghista Castelli, perché registra un cordoglio a senso unico per i magistrati, ma se la categoria ha reagito con più allarme è proprio perché si sente nel mirino da mesi. Della politica, non certo dei revolver, eppure la segretaria di Magistratura democratica Anna Canepa è lì che va a parare: “Il nostro non è un lavoro come un altro. Devi comporre contrasti e così diventi nemico di chi ritiene di aver avuto torto ingiustamente. E’ proprio quello che abbiamo tentato di spiegare quando c’è stata la riforma della responsabilità civile”. A fatica il vertice dell’Associazione nazionale magistrati aveva frenato le richieste di sciopero nei giorni in cui fu approvata la riforma, in base alla quale non c’è più alcun filtro per il condannato che intende citare in giudizio per danni il suo giudice. Se ne riparlerà tra due domeniche, il 19 aprile, nell’assemblea per la quale Magistratura indipendente ha raccolto le firme, e si riparlerà di sciopero. Magari anche di cosa sono diventati i tribunali italiani negli anni della crisi.
“I magistrati sono rimasti gli unici a dover dare risposte a tutte quelle istanze e aspettative spesso frustrate dalle altre istituzioni”, ragiona il segretario dell’Anm di Roma Eugenio Albamonte, della coalizione di sinistra Area. E mette all’indice anche le campagne di denigrazione della magistratura: “Nessuno oggi accetta più le decisioni giudiziarie, che sono per definizione ingiuste. Soprattutto quando danno torto”. Il segretario generale dell’Anm Maurizio Carbone aggiunge: “Nei periodi di crisi amministrare la giustizia è ancora più importante; si creano all’interno dei palazzi di giustizia delle tensioni che richiedono maggiore attenzione alla sicurezza”