Appuntamento al buio, ma di buon mattino. Oggi il Consiglio dei ministri, convocato insolitamente di venerdì e molto insolitamente alle 9.30, dovrà dare il via libera agli emendamenti della ministra Cartabia, la famosa e tanto attesa riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell’ordinamento giudiziario. Un via libera politico, perché non ci sarebbe alcun bisogno di un’approvazione tecnica da parte del consesso di governo trattandosi di emendamenti ministeriali, che infatti in tutti gli altri casi passano direttamente dagli uffici dei dicasteri alle commissioni parlamentari. Con questa scusa ufficiale, perché non si tratta di un passaggio formale, palazzo Chigi ha potuto lasciare al buio i partiti di maggioranza, non trasmettendo fino a tarda sera i testi sui quali i ministri sono chiamati a esprimersi stamattina.

Ma la vera ragione è che le mediazioni sono state tante e la ministra, che si è guadagnata la stima dei vari responsabili giustizia «anche per la pazienza», è dovuta intervenire sui commi fino all’ultimo. La riunione del preconsiglio si è tenuta così fuori dall’orario utile per i tg e i giornali, ma ai ministri e per quella via alle forze politiche è arrivata comunque la notizia di un ulteriore e finale inasprimento delle regole per il ritorno in magistratura.

Ricapitoliamo. I partiti conoscevano da qualche giorno le intenzioni di Marta Cartabia, che li aveva incontrati martedì sera per riferire oralmente quello che era stato deciso negli incontri tra lei, Draghi e il sottosegretario Garofoli. Stop alle cosiddette «porte girevoli» nel senso che un magistrato eletto (al parlamento o al consiglio regionale o comunale) oltre alla naturale incompatibilità durante il mandato non sarebbe mai più potuto tornare nelle funzioni giurisdizionali, ma avrebbe mantenuto la qualifica di magistrato a disposizione però della pubblica amministrazione. Da questo regime fino a ieri sera erano esclusi i magistrati chiamati a svolgere incarichi politici non elettivi come ministri, sottosegretari, assessori, capi di gabinetto e i magistrati candidati alle elezioni ma non eletti. Troppo poco per i 5 Stelle (il cui ex ministro Bonafede è l’inventore di questo “ruolo speciale” per magistrati fuori dalla giurisdizione, non ben definito) e per il centrodestra. Il Pd fino all’ultimo ha chiesto regole stringenti e paletti severi, del resto previsti anche nella proposta che la ministra aveva ricavato dal lavoro della commissione Luciani (da 3 a 5 anni di stop alla carriera), ricordando però la necessità di rispettare l’articolo 51 della Costituzione: «Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro». Ieri sera tardi, invece, ecco la notizia che il muro sarà alzato anche per i magistrati chiamati in incarichi politici, «salvando» solo quelli che si candidano senza risultare eletti. Resta da vedere l’effetto concreto di questa norma che potrebbe tanto scoraggiare i magistrati dal collaborare con le amministrazioni, tanto al contrario – se il ruolo speciale dovesse rivelarsi un comodo limbo – incoraggiarli eccessivamente.

Nessuna novità invece, rispetto alle anticipazioni orali della ministra, per quanto riguarda la nuova legge elettorale per la componente togata del Csm, che salirà a 20 consiglieri (più dieci laici e primo presidente e pg della Cassazione). Il sistema sarà ancora il maggioritario (quello attuale) con due posti per le toghe di Cassazione, 4 per i pm e 14 per i giudici, categoria all’interno della quale 6 posti saranno assegnati (novità) con un recupero proporzionale. Con voto singolo, sperando così di consentire l’elezione anche di candidati autorevoli e conosciuti sul territorio ma al di fuori delle correnti.

Nel pomeriggio tanto Forza Italia, quanto la Lega, Azione e i 5 Stelle avevano protestato per la mancata condivisione dei testi definitivi. Arrivando a minacciare le mani libere. Tutto questo dovrebbe rientrare stamattina davanti a Draghi, anche se in passato Cartabia aveva detto che nemmeno questi emendamenti così faticosamente mediati sarebbero stati considerati blindati nei loro passaggi in parlamento. Il tempo è poco, a luglio sono previste le elezioni del nuovo Csm, da mercoledì prossimo la commissione giustizia comincerà l’esame degli emendamenti. In attesa di quelli del governo ce ne sono già quattrocento, trecento dei quali di maggioranza.