«¡Ahora todos a Madrid!». Al di là dello slogan con cui la destra nazionalista si è data appuntamento per domani a mezzogiorno nella piazza della capitale intitolata a Cristoforo Colombo per quella che viene annunciata come la giornata «dell’orgoglio spagnolo», e che la stampa iberica ha già ribattezzato come il «fronte costituzionalista», in opposizione al progetto di indipendenza della Catalogna, la manifestazioni rischia effettivamente di creare più di un problema nel cuore stesso del potere madrileno e del governo di Mariano Rajoy.

Se una settimana fa la scena è stata occupata dai catalani, nel weekend saranno probabilmente le iniziative degli «unionisti», campo nel quale l’iniziativa è al momento saldamente nelle mani della destra, spesso estrema, a suscitare inquietudine. Oltre alla manifestazione di Madrid, lanciata dalla Fondazione Denaes, per la Difesa della Nazione Spagnola, che ha già fatto appello alle sparute truppe dei neofalangisti ma anche ad una parte dell’elettorato del Partido Popular, tra domani e domenica sono annunciati cortei e raduni un po’ ovunque, compresa Barcellona dove l’iniziativa potrebbe avere anche il plauso del giovane partito di centrodestra Ciudadanos.

Altrove si segnalano piccole provocazioni di estremisti di destra che hanno innalzato bandiere spagnole agli angoli delle strade a Madrid, Siviglia e Palma di Maiorca, mentre l’attivismo nazionalista cresce a tutto campo. Come a Saragozza dove domani sono attese la sindaca catalana Ada Colau e quella indipendentista di Cambrils, Camì Mendoza, per ritirare un premio per il comportamento esemplare dopo la strage jihadista di Barcellona, ma contro la cui presenza sono state raccolte decine di migliaia di firme.

All’ombra del clima di scontro che cresce nel paese non è però solo il ritorno dell’estrema destra a preoccupare; il partito Vox, nato su una linea ultranazionalista, anti-immigrati e anti-musulmana da alcuni transfughi del Pp registra ogni giorno nuove iscrizioni proprio grazie alla leadership nella Fondazione Denaes. Il rischio che i nostalgici di Franco ottengano una nuova e insperata visibilità, e si rendano protagonisti di provocazioni e minacce, all’interno della marce patriottiche, è già evidente, come si è visto la scorsa settimana con i saluti fascisti, le bandiere della Falange e il Cara al Sol intonato nel centro di Madrid.

Con la scusa, come recita l’appello per il raduno della piazza de Colon di domani, che «la patria è in pericolo e la Nazione Spagnola è minacciata nella sua esistenza e essenza come comunità», c’è anche la possibilità di una radicalizzazione di una parte dell’opinione pubblica e in particolare di settori non marginali dell’elettorato, e forse dei quadri stessi, del Partido Popular.

Nei giorni scorsi, alla mobilitazione madrilena contro gli indipendentisti coordinata da figure dell’estrema destra già schierate conte gli okupas e la costruzione di centri religiosi musulmani, si sono uniti anche i conservatori della Fondazione Valores y Sociedad, diretta dall’ex ministro degli Interni del Pp Jaime Mayor Oreja e i sostenitori della contessa Esperanza Aguirre, presidente del partito nella capitale. E anche in altre città esponenti locali del Pp hanno partecipato alle proteste. Analogamente, la Fundación Villacisneros, insieme al Foro Guardias Civiles, e a realtà locali della destra, com il Foro Sevilla Nuestra, sigle legate all’ex deputato del Pp Ignacio Astarloa, numero due degli Interni durante i governi Aznar, hanno diffuso un appello alla «Spagna silenziosa» perché faccia sentire la propria voce e spinga Rajoy verso una posizione più muscolare.

Le medesime critiche che al premier sono arrivate da quello che è stato a lungo il suo principale riferimento politico, lo stesso José María Aznar che attraverso la sua fondazione Faes ha accusato Rajoy di debolezza invitandolo a scegliere tra il muro contro muro con Barcellona e le elezioni anticipate. Tutti segnali che indicano che dalla crisi con la Catalogna potrebbe uscire una destra ancor più dura.