ha sottoposto personalmente alla Commissione ecomafie la relazione dell’Arpa che circa un mese fa bocciava l’impianto di via Salaria perché produceva residui non conformi. «Ho chiesto al Parlamento di agire perché di questi rifiuti, 60 mila tonnellate sono stati portati in giro per l’Italia, inquinando anche le altre regioni». La sua iniziativa non ha prodotto risultato. Ora però non accetta scuse: «Questo evento deve segnare la fine di quel Tmb. Punto. Si deve girare pagina».

Fin dai tempi della campagna elettorale, lei ha sempre chiesto la chiusura del Tmb. Ma perché non funziona come tanti altri?
Nella relazione dell’Arpa c’è scritto che la quantità di materiale che viene conferita al Tmb è molto superiore alla sua capacità produttiva. È un impianto con due linee di lavorazione che possono trattare circa 200 tonnellate di rifiuti al giorno, mentre ne arrivano mediamente 520/600. Di conseguenza, la fossa si riempie e la qualità del materiale prodotto si abbassa.

L’Arpa parla di rifiuti prodotti alla fine del trattamento «che presentano ancora caratteristiche di putrescibilità».
Non solo: l’Agenzia riferisce che si è arrivati al paradosso che nel 2017 la quantità di scarti è stata percentualmente maggiore del Cdr prodotto (e destinato agli impianti di termovalorizzazione, ndr). Quindi paradossalmente quell’impianto non tratta i rifiuti, ma li produce.

Allora non c’è modo di renderlo ben funzionante?
No, andava chiuso da subito, come abbiamo chiesto più volte, e con la manifestazione del 6 ottobre scorso. Ma non di colpo: abbiamo sempre chiesto un’unità di crisi che gestisca l’emergenza ambientale prodotta da questo impianto.

La sindaca Raggi ha detto che «l’Ama aveva iniziato i lavori per l’abbattimento delle emissioni odorigene».
Hanno usato deodoranti e hanno cominciato a progettare l’isolamento della fossa, pensando così di ridurre le esalazioni nell’aria circostante.

Raggi ha anche affermato di averne programmato la chiusura tra il 2019 e il 2020. Ne eravate a conoscenza?
Quando ne chiedevamo la chiusura, la risposta è sempre stata la stessa: «Bisogna attendere che si arrivi al 70% di differenziata in tutta la città». Non lo avrebbero mai chiuso. Guardi, in tutti questi mesi abbiamo sollecitato le istituzioni a occuparsi del problema, che non era di carattere Nimby (non nel mio cortile), e non solo del III Municipio. Era una questione ambientale che riguardava tutta la Capitale, perché fin quando questo impianto rimarrà aperto a Roma non si avvierà mai un ciclo di rifiuti virtuoso. Nell’incontro con l’Ama e con l’assessora comunale Montanari abbiamo chiesto – come sempre – una cabina di crisi sul Tmb in cui ci fossero governo, Regione e Comune. Ci è stato risposto che sarebbe stata scritta una memoria di Giunta, ma non abbiamo ancora visto nulla. Eppure mentre divampava l’incendio cosa c’era al Tmb? Una tavolo per gestire la crisi con il ministro Costa, Raggi, l’assessore regionale Valeriani e l’Ama. Ma perché invece di governare, dobbiamo farci governare dagli eventi? Anzi dalle tragedie, perché una nube tossica a Roma proprio non doveva esserci.

Chi non ha agito come avrebbe dovuto: la Regione, il Comune, il governo, l’Ama…?
Fin quando si gioca allo scaricabarile, la colpa è di tutti. Il governo deve consentire a Roma di portare i rifiuti anche non trattati fuori dal confine, e nel frattempo Regione e Comune devono lavorare insieme. Si apra un anno di emergenza per la gestione dei rifiuti di Roma perché la situazione è davvero grave. I cittadini sono arrabbiati perché non sono stati creduti. Fino a venti giorni fa c’era chi negava perfino la puzza. E due giorni prima della nostra manifestazione di ottobre la giunta ha annunciato in conferenza stampa l’arrivo dei nasi elettronici. Che naturalmente non sono mai arrivati. Speravano di far fallire la manifestazione, invece di ringraziarci perché con le nostre segnalazioni avrebbero potuto evitare questa tragedia.