Nel Queens di New York il quartiere di Astoria è ormai di moda da anni. Qui piccoli commerci proliferano senza sosta, le case ancora relativamente basse sembrano dare le spalle alla downtown di Manhattan, giovani hipster già stanchi di Brooklyn cercano nuovi luoghi da gentrificare in fretta. Quando l’ho attraversato, più di due anni fa, mi avevano colpito i muri giallastri delle case, i bar mediorientali con i narghilé in bella vista e soprattutto la sede dell’Associazione. Incuneata fra un locale dove fanno cus cus a tutte le ore e una specie di discoteca balcanica, la Fratellanza Sanmarinese sembra abbandonata. Una targa dorata accoglie i visitatori («Fratellanza Sanmarinese» c’è appunto scritto), ma nessuno mi sa dire che orari abbia e quando apra. Su internet i pochi segni di vita del luogo risalgono a diversi anni prima. «È un club», mi dice un ragazzo che lavora al bar balcanico accanto, mentre una signora che entra nella porta dello stesso palazzo sostiene che ci vadano a volte gli anziani per ballare «il tango o quelle cose lì, delle musiche così». Ho provato per tre giorni di seguito, finché finalmente una signora mi ha aperto. «Sto scrivendo un libro su San Marino», le ho detto subito. «Sul colpo di stato del 1957, sui fatti della Rovereta. Ma non è un libro di storia, è un romanzo. Che però prende spunto da fatti reali. Colpo di stato nella San Marino rossa, si intitolerà. Volevo sapere se avevate ancora archivi, giornali dell’epoca, fotografie. E se potevo dargli un’occhiata».

La signora sembra non capire. Poi mi dice che è una storia vecchia, che non la ricorda più nessuno ormai (non la ricorda lei, in ogni caso) e che comunque la Fratellanza era stata fondata prima, ed era attiva fin dal 1954. Nel 1955, aggiunge, molti compatrioti tornarono in Repubblica. Per le elezioni.

LE ELEZIONI DEL 1955 sono particolarmente accese a San Marino e portano già i segni del golpe del 1957. La giunta comunista-socialista stavolta sembra poter ambire alla maggioranza assoluta, così la DC si mobilita, mandando a San Marino pezzi grossi come Amintore Fanfani a fare campagna elettorale. Siamo in piena Guerra fredda, persino i servizi segreti del Sifar iniziano a controllare i futuri governanti, mentre da oltreoceano si mobilitano il Dipartimento di Stato Americano e la Cia, che come vedremo avranno un ruolo decisivo in questa vicenda. Le elezioni sono alle porte, ma la cosiddetta Repubblica del Titano ha non poche contraddizioni al suo interno: c’è già la legge sul divorzio, per esempio, ma le donne ancora non possono votare. A favore del suffragio universale femminile si schiera la democristiana Myriam Michelotti, ma Pcs e Pss sono contrari, convinti, come scrive Claudio Visani nel bel libro Gli intrighi di una Repubblica, che le donne sanmarinesi «non sono ancora mature politicamente e verrebbero perciò condizionate dalla Chiesa a favore della Dc».

È QUI CHE ENTRANO IN GIOCO gli emigranti. Comunisti e socialisti mobilitano i sanmarinesi andati a spaccarsi schiena e polmoni nelle miniere belghe e francesi per tornare a votare, ma i democristiani pensano in grande. La Michelotti ha un fratello emigrato a New York che un giorno riceve la visita di due poliziotti in borghese. Sono del Fbi. Vogliono sapere i nomi degli emigranti sanmarinesi simpatizzanti comunisti, ma lui si rifiuta di darglieli, perché l’amore patrio vale più delle differenti posizioni politiche. All’interno della Fratellanza di New York però ci sono giochi di potere in cui, da oltreoceano, si cercano di decidere le sorti del piccolo stato, fra infiltrati, delatori e resistenti.

Dall’America organizzano un avventuroso viaggio verso la Repubblica: duecento sanmarinesi con volo di andata pagato dagli Stati Uniti raggiungono il Titano accolti da una festante delegazione democristiana proprio il giorno prima delle elezioni, per respingere in massa l’assalto a quello che potrebbe diventare lo stato più comunista d’occidente, come aveva scritto anche il Detroit News dell’epoca.

GLI USA LI HANNO LASCIATI partire anche senza i documenti in regola e persino senza aver regolato i conti con il fisco. Sono troppo importanti per la vittoria. Ma perdono lo stesso. Dal 1959, per evitare scherzi del genere, si potrà votare per corrispondenza solo da oltreoceano, per bloccare il voto operaio «europeo». La giunta comunista-socialista ha la maggioranza, gli accordi internazionali sono da riscrivere e una nuova era sembra aprirsi per la Repubblica. Agli emigranti della Fratellanza partiti per votare, invece, gli Stati Uniti si rifiutano di pagare il viaggio di ritorno. La maggior parte di loro dovrà rimanere un mese intero prima di trovare i soldi per tornare.

Il timore degli Stati Uniti è che l’alleanza fra comunisti e socialisti faccia da apripista per altre coalizioni simili nell’Europa occidentale.

IL TITANO È UN PICCOLO laboratorio politico che potrebbe rivelarsi decisivo per le sorti della Guerra fredda, ma è proprio la Storia esterna a entrare prepotentemente in gioco. Kruscev nel 1956 svela i crimini di Stalin e le azioni dell’Urss in Polonia e soprattutto in Ungheria spingono i socialisti sanmarinesi ad abbandonare la coalizione. Il Pcs rimane il primo partito, ma ora ha esattamente la metà dei seggi: 30 contro 30, governare in queste condizioni, e con le pressioni straniere sempre più forti, diventa difficile. Per democristiani e americani però non è ancora abbastanza: vogliono la capitolazione totale, San Marino è un altro di quei conflitti (insieme alla Corea e al Vietnam) che devono essere vinti, anche simbolicamente. Così convincono Attilio Giannini, eletto con i voti dei comunisti, a passare con la Dc. Si dice, con la promessa di un lavoro, una casa e ben tre fucili da caccia. A questo punto l’opposizione ha la maggioranza, 31 seggi contro 29 e il governo popolare democraticamente eletto nel 1955 indice nuove elezioni. Ma l’opposizione non si ferma: si autoproclama governo provvisorio e mentre i comunisti chiudono il palazzo del governo, gli anticomunisti occupano la fabbrica della Rovereta, che diventa così la sede del nuovo governo, un governo che nessun cittadino ha mai votato.

LA STRATEGIA POLITICA per rovesciare la giunta socialista-comunista era stata studiata e concepita all’ambasciata americana di Firenze: l’Italia infatti riconosce subito il nuovo governo fantasma e in Repubblica si respira un’aria pesantissima. Il governo democristiano italiano manda carabinieri e blindati ad assediare la città, i comunisti resistono due settimane e la guerra civile sembra davvero ad un passo. Anche a livello internazionale la tensione non accenna a sgonfiarsi: solo l’anno prima, nel 1956, il New York Times aveva titolato a tutta pagina, dopo il rifiuto dell’apertura della nuova ambasciata a New York, La rossa San Marino nella rete sovietica; il segretario del Partito Comunista locale, Gasperoni, racconta invece di aver assistito durante un incontro internazionale all’appello accorato di Ho Chi Minh, che denunciava il complotto imperialista e chiedeva aiuti internazionali per i compagni sanmarinesi assediati.

A inizio ottobre, con la garanzia dell’impunità, i comunisti depongono le armi, dopo che nei giorni precedenti compagni armati dall’Emilia Romagna avevano tentato di raggiungere il Titano. Giancarlo Pajetta, allora responsabile della stampa del Pci, grida al golpe con parole molto dure, nelle quali accusa direttamente Foster Dulles, allora segretario di stato degli Usa. L’impunità tra l’altro si rivela una presa in giro: dopo il primo processo politico della storia sanmarinese, 27 consiglieri vengono condannati a 238 anni di prigione in totale e due capitani reggenti a 15 anni ciascuno. Egidio Belisardi, un militante che nel 1957 pubblicherà un toccante diario dal titolo Anni rossi, parla della possibilità svanita di fare di San Marino «il piccolo modello della più grande aspirazione».

Oggi nella sede americana della Fratellanza Sanmarinese non c’è quasi più traccia di questa storia. La signora mi mostra solo alcune fotografie familiari.

Prima di andarmene la aiuto a pulire, perché non sa quando il locale riaprirà. È una specie di club, mi conferma, dove ogni tanto gli anziani vanno a ballare, ma che può anche essere affittato. Pochi giorni dopo, alla National Library, trovo il comunicato finale del Pcs, in cui il governo popolare dichiarava la sconfitta e ammetteva di «cedere alla sopraffazione e di cessare ogni resistenza, facendo offerta di questo sacrificio al bene supremo della Patria». Era l’11 ottobre 1957.