Mentre Ntv mandava in onda un reportage su come Kiev abbia proclamato gli ucraini portatori dei geni di una razza superiore e come in tutta l’Ucraina vengano bruciati libri, anche antichi, per salvare il paese «dall’influenza depravatrice orientale», in modo che, entro il 2015, «non rimanga traccia dei legami con la Russia e con l’Urss», ieri varie agenzie russe scrivevano che la bandiera di Novorossija sventolava sull’aeroporto di Donetsk. Per tutto il giorno è stato però un susseguirsi di conferme e smentite, finché in tarda serata la sola Crimea-24 dava per certa l’uscita dei governativi dal terminal in cui erano asserragliati e il totale controllo da parte delle milizie.

Ancora in giornata un video di x-true.info aveva mostrato il recupero dei cadaveri di alcuni carristi – si suppone, torturati e trascinati dai parà di Kiev: erano legati per i piedi con cavi d’acciaio – sotto il fuoco nemico e il Ministero della difesa ucraino aveva dato notizia dell’avvicendamento con truppe fresche proprio dei soldati asserragliati all’aeroporto, segno che questo non era completamente circondato.

E se ancora in mattinata il sito della città di Donetsk scriveva di una notte passata relativamente quieta, sono poi continuati per l’intera giornata i tiri d’artiglieria, soprattutto sui rioni centrali della città e a mezzogiorno Interfax scriveva di una donna di 54 anni morta e un’altra ferita in seguito al bombardamento del rione Kievskij, mentre un uomo era morto e altri 10 feriti per il bombardamento di Lugansk. L’Onu calcola che al 3 ottobre fossero oltre 3.600 i morti e circa 8.500 i feriti tra i civili dall’inizio del conflitto; circa 900mila gli ucraini profughi in Russia.

È di ieri la notizia che la Germania ha inviato 100 camion con aiuti umanitari – materiali da costruzione, coperte e stufe, per 10 mln di euro – destinati a 5 città dell’Ucraina orientale. Intanto è iniziato il lavoro della missione Osce-Ucraina-Russia per la demarcazione della zona cuscinetto tra le parti in conflitto, prevista dagli accordi di Minsk dello scorso 5 settembre. E mentre si discute sull’attribuzione delle competenze per le indagini sulle fosse comuni di civili torturati e uccisi, scoperte dalle milizie nelle zone precedentemente controllate dalla Guardia nazionale (gli Usa insistono per l’Ucraina), Julija Timoshenko e rappresentanti del Consiglio d’Europa si apprestano a volare a Mosca per assistere al processo a carico dell’aviatrice ucraina Nadezhda Savcenko, accusata di essere stata correttrice di tiro per l’artiglieria che lo scorso giugno, a Lugansk, uccise anche due corrispondenti della Tv di stato russa.

E mentre da Kaliningrad il Ministro russo per l’energia Aleksandr Novak ribadisce che, nonostante le difficoltà, il progetto “South stream” va avanti (il primo flusso di gas in Europa è previsto per fine 2015; l’arrivo al punto terminale, in Austria, un anno dopo; il raggiungimento del pieno regime, 63 miliardi m3, per il 2018), è conflitto di comunicati tra Kiev e Gazprom sul pagamento del debito ucraino per il gas russo.

Se da un lato il primo ministro Arsenij Jatsenjuk dichiara «loro speravano che non avremmo pagato il debito di 1,670 miliardi di dollari. Ieri l’altro abbiamo pagato fino all’ultima kopejka», dall’altra parte Gazprom smentisce l’avvenuto pagamento, supponendo che la cifra menzionata da Jatsenjuk si riferisse al saldo del debito per le euro-obbligazioni di Naftogaz-Ucraina, il cui debito complessivo nei confronti di Gazprom supera i 5 miliardi.