Si è conclusa domenica la XXXIII edizione di Time in Jazz, uno dei festival più importanti e di maggiore personalità in Italia e in Europa. Inventata da Paolo Fresu – che ne è direttore artistico e «anima»– la rassegna ha collegato tra le prime, in modo inedito e originale, la musica al territorio, il «locale» al «globale» con una visione artistica ad ampio raggio. Nel 2020, mentre molti festival in Italia e in Sardegna hanno rinunciato causa Coronavirus, Time in Jazz (con l’alto patronato del Presidente della Repubblica) ha caparbiamente costruito e portato avanti il suo programma (9-16 agosto), occupandosi di «musica, letteratura, arte, ambiente, cinema, società», avendo come tema-guida l’ «anima» e snodandosi tra Berchidda e una ventina di località, da Porto Torres a Budoni.

ANCHE se si vive il festival per poche giornate, la sua intensità è tale da lasciare il segno, da far intravedere la filosofia che c’è dietro e il senso di prospettiva, con le dediche ad Ezio Bosso e a Gianni Rodari. E partiamo dai bambini perché, per la seconda volta, Time in Jazz ha ospitato Time to Children (in collaborazione e con il patrocinio dell’associazione Il Jazz va a Scuola): più di una decina di appuntamenti dedicati ai giovanissimi, dagli spettacoli di Reno Brandoni, Stefano Nosei e Daniele Longo («Una classica serata jazz») ai laboratori di Danilo Mineo, Davide Madeddu e Stefano Baroni fino ai racconti di Gufo Rosmarino (narrati da Giancarlo Biffi nel magnifico scenario della chiesa campestre di S.Caterina). È investendo sui «nuovi ascoltatori» che si può ricreare un pubblico per la musica, la cultura e l’arte, che ami e protegga l’ambiente (e quello di Berchidda è un green festival). Il lindo paese in collina è stato «vestito» dalle opere e dalle luci di Gianni Melis e Claudia Spina e preziose sono state le mostre nel suggestivo spazio della Casara: «Ten Years of Tŭk Music» con tutte le copertine (e alcuni inediti) dell’etichetta ideata da Fresu più esposizioni tra cui quelle di Daniele Franchi e Roberto Sanna. La Casara ha, inoltre, ospitato interessanti presentazioni librarie, da Deus ti salvet Maria di Marco Lutzu a La tribù sonora di Rosa Maria Meloni.

MA LA MUSICA? La musica è dappertutto, è il tessuto connettivo e si ascolta – in piena sicurezza – nella centrale piazza del Popolo di Berchidda come nella piazzetta di legno, dopo le 24 (animata dai gruppi del batterista berchiddese Nanni Gaias), e in mille altri luoghi. Chi scrive ha ascoltato gli eccellenti concerti del gruppo Special Dish, guidato da una travolgente Cristina Zavalloni (con Cristiano Arcelli, Daniele Mencarelli e Alessandro Paternesi), del quartetto Connections codiretto dagli effervescenti e ispirati Fabrizio Bosso e Rosario Giuliani (con Alberto Gurrisi e Marco Valeri), dell’eversiva Special Edition di Guglielmo Pagnozzi. Ma moltissimi sono stati gli artisti coinvolti.
IN TANTA ricchezza e varietà non è mancato l’occasione – a Ferragosto, a S.Caterina – per riflettere su «Lo stato di salute della cultura in Italia ai tempi del coronavirus» con Emiliano Deiana (presidente ANCI Sardegna) e Severino Salvemini (economista e docente all’università Bocconi di Milano), introdotti dal direttore artistico (iniziativa in collaborazione con la Federazione Nazionale del Jazz Italiano).
Che la cultura sia la vera risorsa dell’Italia e che sia giunto il momento di autentici investimenti è stata la morale, che è suonata tutt’altro che teorica in un festival che ha saputo creare emozioni ed economia e trasformare, in positivo, un territorio, insegnando a chi viene soprattutto ad amarlo e a tessere relazioni non solo sonore.