La XXXIV edizione di Time in Jazz (7-16 agosto) si è conclusa con il concerto di Paolo Fresu (suo direttore artistico) e del contrabbassista Lars Danielsson alla Peschiera di San Teodoro. La manifestazione sarda, con epicentro a Berchidda, dovrebbe aver quantomeno replicato i numeri della scorsa stagione, con oltre diecimila spettatori e più di cento musicisti coinvolti. Parlarne a fondo implicherebbe la visione complessiva della sua articolazione sul territorio (13 comuni e due aree forestali). Due giornate (12-13 agosto) consentono appena a chi scrive di «assaggiare» un pranzo sonoro ricchissimo che ormai – lo dimostrano varie tesi di laurea – muove un indotto economico importante, a testimonianza che la cultura può produrre reddito, professionalità, prospettive.

IL FESTIVAL animato da Fresu (tematica del 2021 le stelle / isteddhos) ha avuto un «nemico» temibile: il caldo torrido per concerti in luoghi naturali o presso chiese e piazze, anche se non ha inciso molto sulle presenze. Il 12 e 13 si sono potuti ascoltare l’Andy Sheppard 4tet, con la sua estatica musica prodotta da un ensemble europeo di alto livello, e il MAT trio (a Ittiri): gruppo da dieci anni attivo con Marcello Allulli, Francesco Diodati ed Ermanno Baron, genera musica in un flusso creativo ininterrotto con brani che raggiungono picchi di espressività travolgenti e che, nel finale (Hermanos, 7 agosto), hanno visto aggiungersi Fresu alla tromba e al flicorno.
Il 13 sera, a Berchidda, ha suonato la Cosmic Renaissance del trombonista Gianluca Petrella (Mirco Rubegni, Blake Franchetto, Federico Scettri e Simone Padovani), offrendo con generosità una «energy music» originale, tra Sun Ra e Kamasi Washington, giocando con gli ottoni sull’asse ritmico-percussivo, utilizzando con gusto l’elaborazione elettronica e gli «spoken» del bassista Franchetto. Nel pomeriggio (a Oschiri) Sa Divina Cumedia con Ramberto Ciammarughi, Fresu e i Tenore Murales di Orgosolo.

COME precisa il sottotitolo, Time in jazz si è occupata di «musica / letteratura / arte / ambiente / cinema / società», con una particolare attenzione all’impatto eco-sostenibile (dalla mensa comune fino agli allestimenti). Oltre all’articolazione sul territorio ce ne è, infatti, una tematica lche prevede intrecci e convergenze. L’esperienza biennale di Time to Children è confluita in Time to Campus (ideato da Sonia Peana con la collaborazione di Catia Gori, nello spazio rinnovato della Casara, sede anche di mostre fotografiche ed editoriali). Si tratta di «un progetto di educazione non formale di attività ludiche per l’empowerment dell’infanzia e dell’adolescenza» finanziato dal Dipartimento delle politiche della famiglia del consiglio dei ministri.
Laboratori e incontri con artisti (tra cui Ambrogio Sparagna) e artigiani hanno offerto ai giovanissimi occasioni formative fuori dal comune. Hanno completato il quadro le proiezioni di Time to Movie (curate da Gianfranco Cabiddu) tra David Bowie e il Dante di Carmelo Bene, e le presentazioni librarie di «Time to Read» tra cui La scuola che sognavo di Bruno Tommaso e Time in Jazz Diary 2020 di Freguja.

TUTTO QUESTO non è ornamento ma parte essenziale della rassegna, che ha confermato il successo dei concerti dopo le 24 Time After Time, con Nanni Gaias 4tet e vari ospiti (tra cui il valente altosax Vincenzo Saetta in un riuscito omaggio a Napoli Centrale) e del Festivalbar (a cura di Michele Pinna e Luca Devito) in cui si è dato spazio a progetti emergenti nei bar berchiddesi trasformati in club all’aperto, con i palchi e il paese mutati da presenze artistiche quali i «segni suonatori» di Alessandro Sanna, ritratti di musicisti da Jon Hassel ad Ornette Coleman.