La guerra finanziaria su quel che rimane di Telecom ieri ha registrato un punto a favore dei francesi di Vivendi. Gli azionisti di maggioranza di Tim con il 23,75% hanno fatto sapere di ritenere l’offerta di acquisto del fondo americano Kkr da 11 miliardi «totalmente insufficiente». Il gruppo di Vincent Bolloré non ha intenzione di farsi da parte: «Non siamo in discussione con nessun fondo», ha precisato un portavoce di Vivendi riferendosi anche al possibile interessamento di Cvc e Advent. «Cerchiamo di lavorare il meglio possibile con governo e istituzioni per garantire un futuro per Tim», ha continuato. L’ormai certezza che l’irruzione del fondo americano possa essere un colpo di coda di Luigi Gubitosi, attuale amministratore delegato, messo sulla graticola da Vivendi che ha guidato la lettera degli 11 consiglieri (su 15) ha spinto per la convocazione di un cda straordinario, previsto venerdì, nel giorno in cui Emmanuel Macron – non in buoni rapporti con Bollorè – sarà a Roma per firmare con Mario Draghi il Trattato del Quirinale.

TIM IERI HA CHIUSO VOLANDO in Borsa. Il titolo ha terminato la seduta con un guadagno del 30,25% a 0,451 euro, rispetto agli 0,505 euro offerti da Kkr – il massimo da febbraio 2020, per una capitalizzazione complessiva salita a 9,7 miliardi – e scambi pari all’11,2% del capitale ordinario.

La proposta di Kkr per Tim è sul tavolo del governo che si prepara a convocare il supercomitato – formato dai ministri Franco, Giorgetti e Colao, i sottosegretari Garofoli e Gabrielli, il consigliere economico del premier Francesco Giavazzi e il capo di gabinetto del Tesoro Giuseppe Chinè e altri esperti – per analizzare la proposta del fondo Usa su due questioni: rete e occupazione. E sapendo di avere in mano l’arma del Golden Power per poter bloccare l’operazione, come richiesto da tutte le forze politiche che chiedono al governo di riferire in parlamento. Secondo indiscrezioni il governo starebbe valutando di rafforzare il ruolo di Cdp, che ha una partecipazione del 9,81% in Tim e il controllo dell’altro operatore della fibra Open Fiber: un’opzione sarebbe quella di creare una nuova rete che coinvolga entrambe le società, da porre sotto il controllo pubblico.

SULLO SFONDO IL GOVERNO guarda con attenzione anche al dopo Gubitosi, con i nomi che già circolano come possibili successori, dall’interno Pietro Labriola, ceo di Tim Brasil, all’ex ad di Cdp Fabrizio Palermo.

Sul fronte sindacale a difesa dei circa 40mila addetti rimasti in Tim ieri è arrivata una nota unitaria durissima di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom: «Siamo sorpresi e trasecolati rispetto a quanto indicato dal Mef. In un paese dove il settore delle telecomunicazioni è stato lungamente martoriato a partire dalla scellerata privatizzazione della Telecom Italia del 2000 e nel quale, a differenza di altre importanti nazioni europee, i primi quattro operatori sono in mani straniere, leggere che il mercato valuterà la solidità del progetto è per noi a dir poco lunare – attaccano i sindacati – .Ci domandiamo che ruolo ha la politica tutta e la golden power rispetto ad una tema strategico come la rete demandato nell’ennesimo gruppo di lavoro governativo e di esperti: tutto ciò non può che farci sobbalzare dalla sedia, parlando di un settore che pur essendo considerato strategico da dieci anni perde ricavi e marginalità e non ha un chiaro indirizzo politico. In questi ultimi mesi abbiamo chiesto formalmente di essere convocati al Mise senza successo, in un silenzio assordante: aver superato il memorandum di intesa della fine di agosto 2020 tra Tim e Cdp finalizzato alla realizzazione del progetto di rete unica nazionale – denunciano Slc, Fistel e Uilcom – ha prodotto una nuova impennata della fragilità della governance di Tim e allontana le forti prospettive di modernizzazione del PaeseLa difesa degli attuali livelli occupazionali ed il loro sviluppo non possono passare dal rimanere in attesa di cosa farà il mercato o da un gruppo di lavoro, la politica e il presidente del Consiglio prenda una posizione urgente e chiara che preservi le infrastrutture del paese e gli occupati del settore», concludono Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom.