Amministratore delegato nuovo – il quarto negli ultimi due anni e mezzo – problemi vecchi. E mai risolti. Tim continua ad essere governata in un caos azionario e gestionale assoluto. E a pagarne le conseguenze rischiano sempre i 45mila lavoratori del gruppo, oramai da un anno alle prese con le voci che aumentano sempre di più il numero dei potenziali esuberi specie in ottica «scorporo della rete»: le ultime parlano addirittura di 15-20mila dipendenti a rischio.
I sindacati da mesi chiedevano di poter incontrare il nuovo governo per capire quale strategia è dietro la nomina di Luigi Gubitosi, votata dall’alleanza Elliott con Cassa depositi e prestiti.

L’ULTIMA BEFFA È ARRIVATA IERI pomeriggio. Il ministro Luigi Di Maio ha annullato l’incontro con i sindacati in programma per oggi e fissato da una settimana.
«Abbiamo ricevuto nel pomeriggio la comunicazione da parte del Mise circa l’annullamento dell’incontro previsto con il ministro sul settore delle telecomunicazioni. L’incontro era stato convocato dallo stesso ministro a seguito della richiesta e dei solleciti dei sindacati di categoria.», annunciano, in una nota congiunta, le segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil.

L’agenda ufficiale del ministro Di Maio ieri sera recava la partecipazione al «Business summit wide oppurtunities world» organizzato da Samsung Italia a Milano. Insomma, sempre di Tlc si tratta, ma non sembra esserci la tutela dei lavoratori in cima alle priorità del ministro.

Più probabile invece che Di Maio non fosse in grado di dare risposte ai sindacati su Tim e che quindi abbia trovato una scusa plausibile per non incontrarli. I punti interrogativi sono troppi e il mandato a Gubitosi non è preciso. L’unica certezza è la volontà di arrivare ad una fusione con Open Fiber, la società a metà fra Enel e la stessa Cdp, creata ad hoc per il cablaggio del territorio in ottica fibra.

IL PRINCIPALE CRUCCIO dei sindacati è infatti quello di evitare la soluzione spezzatino per Tim: la divisione tra rete e parte commerciale che porterebbe ad un impietoso confronto con i numeri degli altri operatori sul mercato italiano – Vodafone, Wind 3, Iliad – che hanno un numero di dipendenti largamente inferiore – non più di 7mila – rispetto ai 45mila di Tim. Da qui le stime sugli esuberi: in Tim alla rete lavorano circa 15-20mila lavoratori, deirestanti 25mila almeno 18mila sarebbero in sovrappiù rispetto ai concorrenti che hanno fette di mercato di telefonia simili.

«AL NETTO DEI SOPRAGGIUNTI impegni istituzionali, evidenziamo comunque la sempre più grave situazione delle Tlc e la necessità, non più derogabile, di un tavolo di confronto col governo sul futuro e le prospettive industriali ed occupazionali di un settore cruciale per il futuro sviluppo del paese. Per questo i sindacati confermano il presidio di fronte al Mise, convocando nella medesima sede una conferenza stampa per spiegare le ragioni e le valutazioni dei rappresentanti dei lavoratori di Tim e dell’intero comparto delle Tlc», conclude la nota.

CHIARO DUNQUE CHE IL PRESIDIO di oggi si trasformerà in una forte critica ad un governo che continua a non ascoltare i sindacati. E in una preoccupazione per le sorti di Tim: la possibilità che alla prossima assemblea i francesi di Vivendi – contrari allo scorporo della rete – ribaltino nuovamente gli equilibri riprendendosi il controllo della società di cui sono comunque primi azionisti col 23% delle azioni, rimane alto.

IN PARLAMENTO nel frattempo M5s e Lega si confrontano, a colpi di emendamenti, sul tema della società unica per la banda ultra larga, l’Agcom procede nella sua analisi di mercato sull’accesso che include la proposta di separazione legale (non scorporo proprietario) della rete fissa di Tim, come richiesto dall’ex ad Genish. Il provvedimento, lungo centinaia di pagine, dovrebbe approdare nel consiglio del 29 novembre. È quindi probabile che il nuovo ad Luigi Gubitosi si confronti quanto prima con l’Agcom sul tema rete.