Sonora sconfitta per i francesi di Vivendi, all’assemblea degli azionisti di Tim che si è tenuta ieri a Rozzano, nel milanese. I fondi americani capitanati da Elliott non sono riusciti ancora a scalzare i sei consiglieri di amministrazione del colosso d’Oltralpe – perché il Tribunale non aveva accettato l’integrazione dell’ordine del giorno ad hoc proposta dal collegio sindacale – ma la sfida è solo rimandata: all’assemblea del 4 maggio, dove dovrà essere rinnovato l’intero cda.

La sfida tra gli statunitensi e i francesi va avanti da settimane, e ieri l’inversione dei rapporti di forza – Vivendi è per ora azionista di controllo, con il 23,94% – si è esplicitata nell’elezione del collegio sindacale. La lista di Vivendi ha ottenuto il 75,35% dei voti – sono stati eletti Marco Fazzini, Francesco Schiavone Panni e Giulia De Martino – mentre dalla lista di Assogestioni, che ha raccolto il 7,37% dei voti, sono stati eletti Roberto Capone – con il ruolo di presidente – e Anna Doro.

Molti fondi, seguendo le indicazioni dei proxy advisor, favorevoli alla cordata Usa, hanno fatto confluire il proprio voto sulla lista di maggioranza in modo da riservare a quella di Assogestioni la presidenza del collegio sindacale, che le norme assegnano alla lista di minoranza. Il rapporto di forze tra Vivendi e i fondi si è palesato al momento della decisione sulla presidenza del collegio sindacale: Capone è stato riconfermato con il 58,3% dei voti, nonostante l’opposizione del socio francese.

Anche la Cassa depositi e prestiti – che ha aumentato la sua quota dal 4,26% al 4,78% – propende per l’avvicendamento, dai francesi agli statunitensi, ma non ha preso parte alla votazione sul presidente dei sindaci: qualora si fosse schierata per la conferma di Capone a fianco di Elliott e degli altri investitori istituzionali, avrebbe reso ancora più rotonda la sconfitta di Vivendi. «Si è trattato di una vittoria dei fondi a pieno titolo», hanno commentato ambienti vicini agli investitori istituzionali. Al momento della votazione su Capone era presente in assemblea il 61% del capitale: e in generale la presenza degli azionisti è stata a livelli record, toccando il massimo del 66%.

Passata invece a larghissima maggioranza la nomina dell’ad Amos Genish nel cda: i voti a favore in assemblea sono stati pari al 97,86%, resterà in carica anche lui fino al nuovo azzeramento del 4 maggio. «Lavoriamo assieme con tutti: questo è anche il mio auspicio per gli anni a venire. Ci vediamo l’anno prossimo», aveva detto Genish in conclusione del suo intervento, rafforzando il concetto di voler superare i conflitti e l’intenzione di restare alla guida del gruppo.

Franco Bernabè, vicepresidente di Tim nominato da Vivendi, si è difeso in assemblea dalle accuse di parteggiare per l’azionista francese. «Il dottor Bernabè non tiene la parte di nessuno ma semplicemente fa l’interesse della società e dei suoi azionisti», ha detto il manager replicando a un piccolo azionista. Ma è chiaro che adesso il gruppo d’Oltralpe si prepara a una sfida piuttosto difficile, che molti analisti dopo il colpo di ieri danno quasi come una mission impossible.

È vero che la somma della quota attualmente in mano al fondo Elliott – l’8,8% – più il 5% di Cdp, non superano ancora il 24% di Vivendi, ma dall’altro lato si è compreso che molti azionisti minori sono già disposti a cambiare cordata.
La leader Cgil Susanna Camusso teme che la disputa possa danneggiare l’azienda e i dipendenti: «Serve un piano industriale. E Cdp può essere il perno dello sviluppo».