I vecchi padroni degli Usa sono tornati al potere e tra petrolio e bombe ritornano a far risuonare le minacce consuete: «Lasciatemi essere chiaro: la politica della pazienza strategica è finita», ha detto ieri il segretario di stato americano Rex Tillerson in visita in Asia, in riferimento alla Corea del nord. Parole di fuoco in un contesto nel quale la scintilla può scoppiare in qualsiasi momento.

Ma evidentemente l’America di Trump è questa: avventate dichiarazioni, spesso a mezzo Twitter e poca cura del lavoro diplomatico che da anni prova a placare le turbolenze dell’area.

C’ERA MOLTA ATTESA per la visita asiatica del segretario di stato Rex Tillerson, specie dopo la decisione di Trump di affossare il Tpp, il trattato di libero scambio che escludeva la Cina, su cui tanto aveva lavorato Obama e dopo l’inizio del dispiegamento in Corea del sud del sistema difensivo missilistico Thaad, a seguito dell’ennesima provocazione di Pyongyang (quattro razzi lanciati contro il Giappone). Dopo questi eventi la Cina aveva provato a mediare, ma da Pyongyang e da Washington i segnali non erano stati incoraggianti.

E IERI TILLERSON in visita al confine tra le due Coree, prima di recarsi a Pechino, ha sganciato alcune dichiarazioni che non gioveranno alla situazione complessiva dell’area. Per gli Stati uniti, ha detto il segretario di stato americano, un’azione militare contro la Corea del nord è «un’opzione sul tavolo», sottolineando che «la pazienza strategica» di Washington nei confronti di Pyongyang si è esaurita e si stanno esplorando una serie di nuove misure diplomatiche, economiche e di sicurezza per fermare il programma nucleare e missilistico nordcoreano.
Parlando con i giornalisti il segretario di Stato americano, rispondendo a una domanda sulla possibilità di un’azione militare, ha detto che «certamente noi non vogliamo che le cose arrivino a un conflitto militare, ma se loro elevano la minaccia del loro programma di sviluppo di armamenti a un livello che richiede l’azione, allora questa è un’opzione sul tavolo».

A PECHINO HA FATTO SAPERE che la Cina deve applicare in modo completo le sanzioni imposte dall’Onu in risposta ai test nucleari e missilistici del giovane Kim Jong-un. «Non credo che noi abbiamo raggiunto il massimo livello di azione possibile nell’ambito della risoluzione del Consiglio di sicurezza con la piena partecipazione di tutti i paesi». Ma non solo, perché sprezzante di ogni cautela, in un continente nel quale le tensioni sono altissime, Tillerson ha anche fatto sapere che « gli Stati uniti non escludono di fornire l’atomica ai loro alleati in Asia orientale». L’ha detto durante un’intervista a Fox News. Il suo superiore, Trump, ha ribadito tutto questi concetti come ama di più fare, attraverso Twitter: «La Corea del nord si sta comportando molto male, hanno preso in giro gli Stati uniti per anni. La Cina è stata di poco aiuto». Da Pechino per ora nessuna risposta, ma è immaginabile che dopo queste dichiarazioni l’incontro tra i massimi dirigenti americani e cinesi non mancherà di momenti di tensioni.

HA REAGITO MOSCA: «Bisogna evitare di arrivare a un punto critico, di costringere Pyongyang nell’angolo con esercitazioni militari, difesa missilistica e altre azioni», ha dichiarato Viktor Ozerov, presidente della commissione Difesa del Consiglio della Federazione russa. Si tratta del primo segnale di malcontento per quella che appare come la svolta dell’amministrazione di Donald Trump sulla Corea del nord, dopo tutti i tentativi passati di riportare alla ragione Kim principalmente attraverso l’Onu.