Venerdì il sito del ministero delle finanze americano ha confermato l’introduzione di un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Si tratta di un’ulteriore lista di 21 individui e 21 imprese russe che non potranno più avere alcun rapporto commerciale con gli Usa. Mentre aa lista delle personalità non è particolarmente significativa- si tratta perlopiù di ministeri delle Repubbliche Popolari del Donbass – quella delle persone giuridiche ha invece una notevole rilevanza. Si tratta di società finanziarie come la «Strachovoe Obshestvo» e la «Media-Invest» ma soprattutto di giganti dell’energia: la «Kaliningradneftprodukt», «GasAlisans», «Lengiproneftekhim» e la «Surgtneftegas». Una strategia, quella Usa, che è stata definita ieri dal ministro russo per l’energia Alexander Novak «rozza e inconcludente».

Che con la scusa dell’Ucraina l’obiettivo delle sanzioni sia fare terra bruciata intorno alla Russia sul nodo energetico è stato confermato qualche ora dopo da Rex Tillerson, capo del dipartimento di Stato, appena atterrato a Varsavia per incontrare il suo omologo polacco Witold Waszczykowski, ultima tappa del suo mini tour europeo che ha toccato anche Londra e Davos.

SECONDO il plenipotenziario americano il progetto della pipeline «North Stream 2» che dovrebbe permettere di fornire gas russo principalmente a Germania e Repubblica Ceca, è una minaccia per l’indipendenza energetica europea. «Come la Polonia, gli Stati Uniti si oppongono al North Stream – ha aggiunto con enfasi Tillerson – in ragione di nostri comuni interessi strategici». Se il progetto andasse in porto ciò «garantirebbe alla Russia quella rendita aggiuntiva di miliardi di dollari necessari per finanziare la sua aggressione militare ai confini dell’Europa» ha sostenuto il diplomatico americano.

Parole sicuramente apprezzate dal governo polacco che ormai non è più ai ferri corti solo con la Russia ma anche con l’«asse franco-tedesco». Ma differenza di Tillerson, a Varsavia non condividono però l’entusiasmo per il neo-nazionalismo dell’Ucraina di Poroshenko, con cui permangono storiche questioni di sistemazione territoriale.

NON È UN CASO che venerdì il parlamento polacco abbia approvato in tutta fretta una legge che prevede la reclusione fino a 3 anni per chi nega gli eccidi compiuti dall’esercito del fascista ucraino Stepan Bandera in Polonia durante la Seconda Guerra Mondiale. Un messaggio rivolto non solo agli ucraini ma anche agli alleati Usa, giusto perché intendano che in Europa orientale le cose sono molto più complesse di quanto credano.

E IL PRESIDENTE ucraino Poroshenko, ieri era Davos a fare un po’ di passerella. Si è congratulato per le nuove sanzioni americane anti-russe e ha chiesto alla Ue di procedere sulla stessa strada. Ma soprattutto ha provato di nuovo a battere cassa. L’Ucraina ha già ricevuto oltre la metà dei 22 miliardi di dollari promessi da Fmi e Bce, ma a Bruxelles si fa notare che «non si sono viste né ripresa economica né riforme strutturali» mentre gran parte dei prestiti finiscono nel buco nero della corruzione che divora il paese.

Le trattative per il Donbass restano in stand-by. Dopo che Putin qualche settimana fa aveva aveva proposto di coinvolgere nel «Formato Normandia» anche gli Usa (proposta che non era stata propriamente apprezzata a Berlino) il coinvolgimento americano per la soluzione della crisi prosegue a livello bilaterale. Giovedì a Dubai tra il consigliere di Putin Vladislav Surkov e Kurt Volker, che segue la crisi ucraina per la Casa Bianca, c’è stato un primo abboccamento. Le posizioni per ora restano lontane. I russi chiedono che nelle trattative vengano coinvolte anche le «repubbliche ribelli», una proposta che gli americani continuano a respingere, mentre la Russia rifiuta l’ipotesi che eventuali truppe di interposizione Osce vengano schierate anche ai confini tra Donbass e Russia.