Come il Covid, anche la guerra ha delle conseguenze indirette che sono più pesanti della guerra stessa e in Etiopia si chiamano fame e malattie. L’unica rotta possibile per raggiungere la regione del Tigray, la strada Semera-Abala-Mekelle, è a livelli di insicurezza tali da imporre alle agenzie umanitarie di sospendere gli aiuti.

Una situazione, secondo quanto riferito dall’agenzia delle Nazioni unite per gli affari umanitari (Ocha), «tesa e imprevedibile». Continuano a essere segnalati scontri nella zona nord-occidentale del Tigray, ma vi sarebbero combattimenti anche in diverse località dell’Amhara e dell’Afar, in particolare ad Abala e nelle aree circostanti al confine con il Tigray, con l’esercito eritreo, accusato di ripetuti attacchi da parte dei tigrini. Nell’ultima settimana si sarebbero intensificati anche gli attacchi aerei in diverse località del Tigray causando un numero ancora imprecisato di vittime civili.

Dal 14 dicembre nessun camion con carichi di aiuti umanitari è entrato nel Tigray: negli ultimi sei mesi sono entrati 1.338 camion, che secondo Ocha rappresentano solo il 10% delle forniture necessarie a soddisfare i bisogni umanitari di 5,2 milioni di persone (il 90% della popolazione della regione).

Oltre alle carenze umanitarie la regione risente della mancanza di carburante e denaro, la cui assenza compromette la capacità di offrire risposte. Ad esempio non si riescono a trasportare le scorte dai depositi ai centri sanitari dei centri minori.

Di conseguenza, 283 bambini sotto i cinque anni gravemente malnutriti hanno smesso di ricevere cure salvavita a Tsirae-Wemberta Woreda (secondo i dati raccolti dall’Ufficio sanitario del Tigray, tra luglio e ottobre sarebbero morte 5mila persone per malnutrizione e mancanza di cure). A far crescere la richiesta di carburante è anche il fatto che in città non è stato ancora possibile ripristinare l’elettricità o l’acqua corrente e quindi si utilizzano generatori e pompe per cui serve ulteriore carburante.

Secondo il Segretariato cattolico diocesano di Adigrat (Adcs) milioni di bambini soffrono di una grave malnutrizione e altrettante persone sono ridotte alla fame, inclusi gli sfollati interni. «Si tratta, secondo quanto riportato dall’agenzia Fides, di una crisi umanitaria senza precedenti, ogni giorno che passa, ogni ora che passa, centinaia di vittime innocenti perdono la vita». In base all’ultima valutazione del Programma alimentare mondiale dell’Onu, il 40% delle persone nella regione del Tigray soffre di gravi carenze di cibo.

Il direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Ghebreyesus ha accusato il governo etiope di trattenere deliberatamente cibo e medicine destinati al Tigray. «In nessuna parte del mondo stiamo assistendo a un inferno come nel Tigray», ha dichiarato Tedros sostenendo che «gli abitanti del Tigray vivono da oltre un anno sotto il blocco de facto e stanno morendo per mancanza di medicine e cibo e ripetuti attacchi di droni. L’Oms e i partner chiedono sicurezza, accesso senza ostacoli per fornire aiuti umanitari a milioni di persone in grande bisogno. Abbiamo bisogno dell’accesso ora!».

Il governo etiope ha accusato Tedros di interferire nei suoi affari interni, comprese le relazioni con l’Eritrea, e il ministro degli Esteri etiope ha chiesto al comitato esecutivo che l’Oms indaghi sulla disinformazione dannosa del suo direttore che «compromette la reputazione, l’indipendenza e la credibilità dell’Oms» (Tedros è stato ministro degli esteri e della salute quando il Tplf era al governo in Etiopia).

Passata la grande festa del Timket (battesimo al fiume Giordano) con le grandi processioni del 19 gennaio, è arrivata la buona notizia dal segretario generale Onu António Guterres: c’è «uno sforzo concreto di pace, una reale opportunità per una risoluzione politica e diplomatica del conflitto».

Lo stesso presidente del Tigray Debretsion ha lasciato intravedere un’apertura dichiarando che il premier «Abiy enuncia alti ideali che potrebbero aiutarci a porre fine all’attuale conflitto attraverso il dialogo. Ma potrebbe avere difficoltà a liberarsi dalla fatidica alleanza con le élite espansionistiche degli Amhara e del dittatore eritreo. Finché rimarrà ostaggio di queste forze, avrà poco spazio per manovrare ed esercitare il grado di autonomia politica necessaria per compiere un passo coraggioso verso la pace. Di conseguenza, rompere questa empia alleanza è necessario per dare una possibilità alla pace».

Guterres si è espresso dopo aver incontrato l’inviato dell’Unione africana, Olusegun Obasanjo, che lo aveva informato sugli sforzi di mediazione dopo gli ultimi incontri con i funzionari del governo federale e del Fronte di liberazione popolare ribelle del Tigray (Tplf).

Dichiarazioni che mal si conciliano con quanto affermato in serata dal vice capo di stato maggiore dell’esercito etiope, Gen. Abebaw Tadesse: «Nessuno ci fermerà; entreremo, distruggeremo il nemico. Non c’è nulla di controverso al riguardo». Ogni parola ha delle conseguenze. Ogni silenzio anche.