Tutto è connesso è stato un mantra con cui la propaganda pro-globalizzazione ha per anni cercato di persuaderci tutti della bontà di un’apertura radicale delle frontiere, non per far passare idee, persone, valori e cercare di testarne la convivenza. Ma le merci, i bit convertiti in flussi di denaro, l’immaterialità del capitalismo del terzo millennio che coccola le grandi corporation e distrugge le diversità, antropologiche, culturali, ecc.

Ma questo mantra, diventato oggi quasi un incubo per chi vede gente camminare con la faccia rivolta al cellulare (solo in Italia, però), apparteneva a qualcuno già da prima dei luciferini anni novanta dei profeti della globalizzazione come grande opportunità per tutti.

E’ infatti la parola d’ordine di Dirk Gently, l’investigatore olistico creato dalla penna di uno più talentuosi scrittori satirici britannici del secondo novecento: Douglas Adams. Quello, tanto per essere sicuri di esserci capiti che ha scritto La guida galattica per gli autostoppisti.

Ora, a sedici anni dalla sua scomparsa, Chris Ryall (specializzato da anni nella conversione a strisce di plot cinematografici come Beowulf, L’alba dei morti viventi, La terra dei morti viventi) e Tony Akins (disegnatore di Terminator, Nexus, Alien, Hellblazer) si sono messi insieme per ridare vita a questa impagabile creatura.

E come si è già verificato molte altre volte in questi anni, la rinascita di un personaggio o di un genere parte proprio dal fumetto per contaminare gli altri linguaggi. Di Dirk Gently proprio in questi giorni è uscita anche una serie televisiva prodotta da BBC America con Samuel Barnett e Elijah Wood.

Tornando però al fumetto, in Italia è uscito il primo volume, pubblicato dalle ottime edizioni della Salda press, impeccabili per cura grafica ed editoriale (pp. 114, € 14,90).

Il tutto è connesso che è la parola d’ordine del buon vecchio Dirk è in realtà una geniale quanto criptica parodia di quello che a sua volta è il vero e proprio mantra dei romanzi investigativi: gialli, noir o altro. Ovvero partire da un momento di quiete che poi man mano si aggroviglia a tal punto da diventare quasi incomprensibile, impedendo al lettore di tenere in pugno la quantità di personaggi, situazioni, problemi, caratteri moltiplicata a dismisura. E a quel punto è lui, lo scrittore-investigatore, a rimettere ordine in questa matassa e a selezionare una possibile via d’uscita. Come in un immaginario palcoscenico le comparse escono di scena, restano solo i veri protagonisti, ridotti ad un pugno, pronti ad incontrarsi, scontrarsi, mettersi d’accordo…

Douglas Adams gioca su storie in cui non sono i personaggi a moltiplicarsi, ma proprio i casi. Capita così che partendo, come spesso gli capita, dalla ricerca di un gatto, Dirk Gently si trovi ad avere a che fare con: le mummie di due faraoni egiziani tornate in vita e decise a riprendersi il tempo perduto, una coppia di emulatori di serial killer venuti a Los Angeles per ripercorrere le orme di grandi assassini del passato, un’agente della CIA con tanto di drone al seguito, un barbone a cui è stato misteriosamente regalato un cellulare in oro zecchino che poi si rivela qualcosa di assai più inquietante e pericoloso.

Questo è più o meno tutto quanto si trova ad avere a che fare Dirk Gently nelle circa cento spassosissime pagine di questa graphic, piena di scherzi surreali in cui domina il geniale umorismo di Adams.

Le scene da ricordare sarebbero davvero tante. C’è quella in cui Dirk e la sua assistente passeggiano davanti a Balboa Park, la residenza dove furono girati gli esterni di Quarto potere e Dirk inizia a spiegargli la sua strategia. “Per poter trarre conclusioni sul presente di un luogo occorre comprendere la sua storia. Prendi questo parco per esempio. E’ chiamato così in onore del leggendario Rocky Balboa. Pugile nativo di questa città. Il parco ne è lepicentro e, in quanto tale, le sue linee di Ley sono rivelatrici.”

Sembrerebbe tutto molto arguto, in piena osservanza a quegli investigatori che sanno sempre qualcosa in più dei loro lettori e gliela spiegano, con calma e pazienza. Ma qui siamo su Dirk Gently. E Tonya gli risponde:” Uh, Dirk, io qui ci sono cresciuta. Tutto quello che hai detto non è vero.”

Come se non bastasse questo dialogo è stato ascoltato dai turisti che come loro si aggirano in questo luogo pregno di memorie cinematografiche. Allora comincia ad assembrarsi una strana folla che ascolta Dirk pensando sia uno che la sa lunga, finché non si forma un vero e proprio seguito.

Siamo all’apice di questa scena geniale. Tonya si volta preoccupata per tutta quella gente disposta a seguirli nonostante le cose che dice Dirk siano chiaramente delle panzane, cerca di richiamare l’attenzione del suo interlocutore, assorto nei suoi pensieri. E allora Dirk si volta nient’affatto stupito, si trova davanti le due mummie resuscitate e la torma di turisti sfaccendati pronti ad aderire per noia o per dabbenaggine alle sue post-verità.

Le mummie gli chiedono dove possono andare a dormire, visto che sono molto stanche, Dirk si offre di indicargli la strada, il problema è come mandare a casa tutta quella gente. E allora se ne esce con un’idea come questa, che non ha proprio bisogno di commenti. “Vi invito a unirvi all’esclusivo pre-party in onore di Re Ahktenkhamen per il modico prezzo di cinque dollari a persona”.

Tutti accorrono a versare felici il loro obolo. Tonya è sempre più preoccupata, ma per Dirk è l’occasione di rimpinguare il suo esanime portafoglio.

E’ davvero difficile restituire il senso surreale di questa scena ma si tratta davvero di una delle più intelligenti satire sui nostri totem e i nostri tic.