Ieri 6 aprile è stato un giorno importante per il Burkina Faso: con una sentenza che ridona dignità a un intero popolo e un po’ di fiducia in più nella giustizia si è chiuso un processo storico ostacolato per decenni per l’omicidio del presidente Thomas Sankara, ucciso con altre 12 persone durante il colpo di stato dell’ottobre 1987.

IL TRIBUNALE MILITARE di Ouagadougou ha condannato in contumacia all’ergastolo Blaise Compaore, che divenne presidente all’indomani di quel golpe e tale è rimasto per quasi tre decenni. Una presidenza nata e proseguita nel sangue. Insieme a lui è stato condannato all’ergastolo il comandante della sicurezza di Compaoré, Hyacinthe Kafando, e il generale Gilbert Dienderé, uno dei capi dell’esercito durante il golpe.

Compaoré è in esilio in Costa d’Avorio dal 2014, da quando è stato destituito da una rivolta popolare. Hyacinthe Kafando è in fuga dal 2016. L’unico grande presente al processo era il generale Dienderé.

IL PROCESSO, la cui celebrazione si attendeva da anni, è iniziato l’11 ottobre 2021 e le udienze sono state sospese più volte, in particolare in occasione del colpo di stato del 24 gennaio scorso, con cui il tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba ha destituito il presidente Roch Marc Christian Kaboré.

A febbraio la Procura militare aveva chiesto una condanna a 30 anni di carcere per Blaise Compaoré e Hyacinthe Kafando, a 20 per Dienderé e 11 con sospensione della pena per il colonnello maggiore Jean-Pierre Palm.

Sankara aveva 33 anni quando nel 1983 assunse il potere a sua volta con un colpo di Stato. Amato dai burkinabè e dagli altri popoli africani, meno dai paesi occidcentali a cominc iare da Francia e Stati uniti, per le sue prese di posizione contro l’imperialismo e il colonialismo, per l’invito a non pagare il debito con l’Occidente, le politiche sociali inclusive contro la povertà e per la parità di genere. Fu ucciso a colpi di arma da fuoco da una squadra di sicari il 15 ottobre 1987 al termine di una riunione del Consiglio rivoluzionario nazionale al potere. L’assassinio coincise con il colpo di stato e l’ascesa al potere di Blaise Compaoré.

Nel processo sono imputati 14 persone, due dei quali in contumacia, tra cui Compaoré. Lui e Dienderé sono accusati di aver danneggiato la sicurezza dello Stato, di essere complici nell”omicidio, di occultamento di corpi e manomissione di testimoni.

QUESTO VERDETTO porta un po’ di luce in un momento buio per il Paese. L’ex presidente Kabore destituito a gennaio è ancora ostaggio dei militari, il cui indirizzo politico non è ancora chiaro, ma la transizione annunciata è lunga e questo genera timori . Il Paese per molti aspetti è allo sbando: immensi territori si sono svuotati e la gente si sposta in ogni dove. Manca sul mercato il mais del nord e i prezzi sono schizzati a cifre impossibili.

L’ultimo boccone amaro il Paese l’ha inghiottito la notte tra il 4 e il 5 quando degli uomini armati hanno assalito la comunità religiosa della parrocchia di Yalgo, diocesi di Kaya e hanno prelevato suor Suellen Tennyson di 83 anni che è stata portata in una località sconosciuta. Prima di andar via, i terroristi hanno saccheggiato la casa e sabotato gli autoveicoli.

«Con la sentenza di oggi – ha commentato la moglie Mariam Sankara – il Burkina Faso, la Terra degli uomini onesti (nella locale lingua Djoula, ndr), dimostra di aver ascoltato la volontà del popolo». Il Paese ha bisogno di scelte coraggiose: che questo verdetto sia l’inizio.

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