Cos’è una chimera? Il termine è entrato in uso nella biologia contemporanea ad indicare un organismo costituito da cellule e tessuti di diversa origine genetica. Rappresentano in un certo senso la realizzazione scientifica di quella figura mitologica di origine greca, la Chimera mostruosa con la testa di una leonessa, il corpo di una capra e la coda di serpente. La biologa dell’evoluzione Lynn Margulis ha sostenuto con convinzione che gran parte delle creature viventi del pianeta sono state e sono tuttora delle chimere. Noi tutti, piante e animali, siamo organismi fatti di altri organismi. L’udito stesso, inteso come caratteristica biologica acquisita, è un prodotto chimerico. Possiamo pensare ad un rapporto tra l’udito bio-chimerico umano e la creazione tecnologica di chimere sonore? Cosa succede quando l’udito-chimera incontra una composizione chimerica? Nelle sue chimerizzazioni, l’artista tedesco Florian Hecker chiede all’ascoltatore di prestare attenzione a quel nuovo suono che emerge quando le diverse qualità che lo costituiscono vengono condensate per giustapposizione, usando un algoritmo che genera oggetti sonori che posseggono «l’involucro di un suono e la struttura fine di un altro». Ora, devo confessare che il primo esempio che mi è venuto in mente quando ne ho sentito parlare, è stata la talking guitar in Do You Feel Like We Do di Peter Frampton, dall’album Frampton Comes Alive! pubblicato nel 1976 dalla PolyGram. In quel pezzo, il suono in uscita dalla chitarra elettrica passava da un tubo di plastica sino alla bocca di Frampton che, cantando, dava alla chitarra l’aspetto di una voce umana (una delle ragioni per cui quell’apparecchio fu chiamato talkbox). Il risultato era quello di una chitarra che suonava come se stesse parlando o articolando una canzone: parole sciroppose pronunciate con il tono spavaldo di una rock star anni ‘70. Tornando a un ambito più colto, la questione centrale che stiamo affrontando è quella del timbro, quella qualità del suono che l’American Standards Association nel 1960 definisce così: «L’attributo della sensazione uditiva grazie al quale un ascoltatore può giudicare diversi due suoni simili di uguale intensità e tono». Il pianoforte e il clarinetto per esempio, hanno timbri diversi: la stessa nota avrà un sapore diverso per ciascun strumento. Ma che cosa è realmente il timbro? Nel più noto sistema di definizione tentato nel 1971 si dice ad esempio che il range tra i 1280 e i 2560 Hz, tipico di violino e tromba, è ‘metallico’, ‘nasale’ e ‘sfacciato’. È un effetto composito che certamente ha a che fare con la produzione del suono, ma è anche connesso ad un sentimento composito, letto in relazione alle nostre sensazioni. L’orecchio chimera incontra il suono chimerico. Non si tratta certo di fenomeni nuovi. Già nel 1857, Hermann von Helmholtz aveva ipotizzato che l’orecchio creasse nuovi ibridi assemblando dati eterogenei, e scriveva che questo organo «analizza l’intreccio delle onde», e pertanto agisce come un analizzatore di frequenze. Concepire la vita come un processo chimerico, come un assemblaggio e combinazione di creature in nuovi agglomerati, è il punto di avvio della riflessione sulla chimerizzazione acustica di cui Florian Hecker si è occupato in questi ultimi anni. Le composizioni chimeriche -o chimerizzazioni- di Hecker sono dei tentativi di decostruire il senso comune di suono, udito e ascolto. Semplificando, le chimere acustiche sono eventi sonori realizzati grazie al procedimento di setacciamento di un suono attraverso l’altro producendo ad esempio un suono di batteria che assomiglia a quello di un piano. Questa chimera genera una sorta di non-senso strutturato, che porta l’ascoltatore a interrogarsi su come e cosa sta ascoltando. (…) Hinge è anche il termine che Derrida usa in Della grammatologia per convincere il lettore che esiste la possibilità di tenere a mente contemporaneamente due concetti antitetici (hinge come termine corrispondente alla sua idea della coppia o/e). Hinge di Hecker intende focalizzarsi su suoni in cui la ‘struttura fine’ e l’’involucro’ si contraddicono a vicenda pur essendo compresenti. Pezzi chimera (cibernetici?) come Hinge sono composti fondamentalmente tramite una decomposizione. Una delle principali caratteristiche musicali/sonore ad essere decomposta è il timbro. Il giudizio che ci permette di concepire il timbro viene demolito, atomizzato in una serie di processi formali astratti. Ci tengo ad aggiungere che tutto questo non intende attribuire al timbro ciò che di olistico appartiene al suono, e tanto meno ci conduce a considerarlo come una proprietà naturale. Kallash Patil, tecnico del suono e informatico, e i suoi colleghi, in un articolo del 2012, affermano che il timbro è una facoltà di giudizio biologicamente predisposta. Collocano questa capacità nella corteccia uditiva, spostandone la collocazione funzionale dalle ciglia dell’orecchio all’interno della testa. Curiosamente il giudizio timbrico si naturalizza nel suo farsi cyborg, attraverso la fusione di informazione e carne, attraverso il suo divenire chimera. Ma la cosa non dovrebbe sorprenderci. Come ha osservato Jonathan Sterne «Tutto ciò che sappiamo dell’udito allo stato naturale, è in realtà il risultato dell’interazione tra l’orecchio e le tecnologie sonore… per arrivare all’udito in sé i ricercatori del XX secolo hanno dovuto passare attraverso i media»… Il timbro può essere descritto tecnologicamente solo nel modo operato da Patil e soci, ricomponendolo attraverso la decomposizione e dimenticando poi di avere seguito questo percorso. Facendo un passo in avanti, non è esattamente questo che fa Florian Hecker. Non ricostituisce il timbro come unità. Lo decompone ma una decomposizione non come viene intesa negli appunti che Friedrich Engels ci ha lasciato del suo Dialettica della natura, testo del 1883 rimasto incompleto, in cui scrive: «La decomposizione nei corpi organici morti… crea necessariamente prodotti via via sempre più morti». Hinge e i suoi simili non sono morti. Quella di Hecker è piuttosto una decomposizione chimerica, un rifacimento del suono che crea componenti sonore inedite, parti che possono servire a riorganizzare il senso e la sensazione, creando chimere se vogliamo ancora più artificiali e tecnologiche. Chimere che danno origine, per tornare alla sfera bio-tech da cui siamo partiti, ad un tipo di ascolto bio-tecnologico, una re-ingegnerizzazione della vita del suono.
*estratto da «Chimeric Sensing»