Rivolto all’amico Sossio Senecione, eminente uomo politico al tempo di Traiano, Plutarco apre con questa riflessione la Vita di Teseo: «Come i geografi nel rappresentare la terra comprimono ai margini estremi delle carte le zone di cui non hanno che una conoscenza vaga, e oltre quel limite scrivono: ‘Dune senz’acqua, animali feroci’, oppure ‘Paludi misteriose’, oppure ‘Scitia, gelo’, oppure ‘Oceano ghiacciato’; così io nello scrivere queste vite parallele, là dove varco il tempo cui può giungere una conoscenza probabile e tale da offrire basi sufficienti a una storia che si attenga ai fatti, posso ben dire dei periodi più antichi: ciò che sta oltre questo punto è un regno meraviglioso e sublime, abitato da poeti e favolisti, incerto e totalmente ignorato». I periodi più antichi sono da Plutarco per analogia equiparati ai margini estremi delle carte geografiche. Non sono, però, questi margini, contorni che recingono e limiti che chiudono. Sono, anzi, confini che dispongono a ulteriori aperture; sponde che si affacciano su lontananze non raggiunte; bordi rivolti ai territori di inesplorati spazi. Specole donde traguadare a latitudini e siti che si presentano alla nostra consapevolezza, per stare ai termini di Plutarco, come i luoghi del meraviglioso e del sublime. Là, oltre i confini segnati, si estendono i paesi che visitiamo viaggiando gli universi interiori. Terre, mari e cieli incerti o ignorati: le regioni misteriose, ove ciascuno traversa le proprie dune, e le paludi e gli oceani dell’animo, dei quali non è dato scorgere l’ultimo orizzonte. Plutarco distingue «la conoscenza probabile e tale da offrire basi sufficienti a una storia che si attenga ai fatti», dalla conoscenza vaga, quella dei favolisti e dei poeti. Paragona, e in fondo assimila, l’ambito proprio della narrazione storica, che dà conto nell’ordine del tempo di accadimenti circostanziati e di individualità determinate e riconoscibili, alla accertata ricognizione dei luoghi che, nell’ordine dello spazio, consente al geografo, grazie ad osservazioni puntuali e registrazioni commisurate, di tracciarne la mappa per poi delineare, come avviene d’un’epoca nella ricostruzione dello storico, una ‘topografia’ d’insieme. E l’analogia si completa segnalando, sotto il titolo di ‘Terre incognite’, un parallelismo tra più antico o antichissimo e favoloso o poetico. E accade, infatti, che, così come dall’antico memorie preziose e monumenti d’arte, da irraggiungibili mondi e da favolose lontananze pervengano a noi testimonianze fantastiche e oggetti inestimabili per la loro presunta unicità o rarità. Abbiam detto: viaggiare. Viaggiare gli spazi restituendo in forma di cartografia gli itinerari percorsi. E viaggiare, poi, i tempi tracciando l’andamento di accadimenti trascorsi a narrarne gli svolgimenti per ricostruirne i casi e conservarne la memoria. E viaggiare, infine, nei modi che designeremmo del fantastico, dell’immaginario, ovvero istituendo tragitti e transiti, passaggi che portano da un conforme me stesso a un me stesso difforme, dall’acquisito al nuovo. È che il viaggio, la sua dimensione, sempre sommuove gli universi interiori, ogni volta libera la fantasia, nell’appurare l’insolito e il non consueto, a figurare ed evocare il mondo nei termini dell’esotico e del raro. Mi piace rifarmi a questo proposito a una pagina dei resoconti d’un viaggiatore bizzarro, l’inglese Thomas Coryat, stampati a Londra nel 1611 con il titolo Crudities (Crudezze). Ben Jonson, che lo chiama viaggiatore senza confini, di lui dice che «è una macchina fatta di sole estremità, testa, dita e piedi; perché tutto quanto i suoi alluci indefessi hanno calpestato, le sue agili dita hanno scritto sotto dettatura del suo sottil cervello. Si mise in moto per Venezia il 14 maggio 1608, e ritornò a casa (con le sue gambe) il 3 ottobre successivo», attraverso la Svizzera, la Germania e Olanda. Coryat, in Francia, davanti alle magnificenze della basilica di Saint-Denis, registra insieme lo storico e il favoloso: «Vidi la tomba di Carlo, il maggiore dei tre figli di Carlo Magno; poi un corno d’unicorno, valutato centomila corone, perché alto quasi tre iarde, tanto che io non arrivavo a toccarne la punta».
Thomas Coryat viaggiatore senza confini
Rivolto all’amico Sossio Senecione, eminente uomo politico al tempo di Traiano, Plutarco apre con questa riflessione la Vita di Teseo: «Come i geografi nel rappresentare la terra comprimono ai margini […]
Rivolto all’amico Sossio Senecione, eminente uomo politico al tempo di Traiano, Plutarco apre con questa riflessione la Vita di Teseo: «Come i geografi nel rappresentare la terra comprimono ai margini […]
Pubblicato 6 anni faEdizione del 22 giugno 2018
Pubblicato 6 anni faEdizione del 22 giugno 2018