Ci sono guerre che guadagnano, seppur tristemente, le pagine dei giornali o dei servizi televisivi, altre invece che rimangono invisibili al mondo o quasi. Ma sono guerre che coinvolgono quantità spaventose di persone, che generano violenza, fame, morti, malattie, profughi e miseria. Proprio una settimana fa la Fao ha diramato un comunicato in cui denuncia che, a causa della guerra, quasi otto milioni di persone stanno affrontando una crisi alimentare acuta (si legge fame) nella Repubblica democratica del Congo.

Daniele McCabe, fotografo statunitense che ha operato a lungo laggiù, ha girato This is Congo un documentario (fuori concorso) puntando sulla zona di confine a ridosso di Ruanda e Uganda. Una zona ricchissima di minerali, anche molto preziosi, quindi territorio d’elezione per scontri di ogni tipo. Si calcola che vi siano quasi una ventina di gruppi di guerriglieri, più o meno bene armati, che controllano frazioni di territorio, saccheggiandolo. Cosa che viene fatta a tutti i livelli, compresi i rappresentanti ufficiali. Il Congo è il paese africano più ricco di risorse, la sua popolazione, se non fosse per le ruberie locali e l’avidità delle aziende dei paesi cosiddetti civili che depredano con disinvoltura, avrebbe la possibilità di una vita più che dignitosa. Invece negli ultimi venti anni ben cinque milioni di congolesi sono morti a causa dei conflitti armati. Dopo la feroce dittatura di Mobutu, cui era subentrato Laurent Désiré Kabila, assassinato, dal 2001 il presidente è il figlio di quest’ultimo Joseph Kabila.

Il documentario di McCabe, dopo avere ricostruito a sommi capi la storia del paese, da colonia belga a oggi, racconta le vicende di un conflitto specifico tra l’M23 (sconfitto) e le forze governative, anche attraverso le interviste al colonnello Mamadou Ndala dell’esercito nazionale, al colonnello Kasongo, leader dell’M23, oltre che di Mama Romance che approfitta della situazione per trafficare e contrabbandare pietre preziose e Hakiza Nyantaba, un sarto che da tempo vive in un campo profughi e che ha portato con sé il suo unico bene e fonte di sostentamento: una scalcinata macchina per cucire. Inevitabili alcuni riferimenti alla guerra tra Hutu e Tutsi, che aveva sconvolto la zona una ventina d’anni fa, i cui effetti si sentono ancora. Ma sono le riprese effettuate davvero sotto il fuoco anche di armi pesanti che colpiscono duramente anche se l’effetto più dirompente deriva dai morti, dai feriti e dalla disperazione delle popolazione.

Secondo alcune stime il valore delle risorse naturali del Congo sarebbe di 24mila miliardi di dollari. Troppi per non essere la molla prepotente di infiniti conflitti che non sembrano neppure più interessarci. A titolo di promemoria storico l’uranio delle bombe di Hiroshima e Nagasaki veniva dal Congo.