Nato il 7 luglio 1964 a Birmingham Theo Travis è oggi tra i maggiori esponenti della scena avanguardista britannica: lo si può ascoltare ai sassofoni, ai flauti o ai clarinetti accanto a David Sylvian, Bill Nelson, Dick Heckstall-Smith, Richard Sinclair, John Foxx, oppure in gruppi come In Cahoots, Gong, Hatfield and the North, Porcupine Tree. Stakanovista nell’elaborare sempre nuovi progetti, Theo Travis definito anche «jazz adventurer», oltre Soft Machine Legacy, si dedica ad altre formazioni parallele che comprendono le prog band The Tangent e Cipher, il Theo Travis Quartet e il duo con il grande Robert Fripp.

Che ricordo hai dei Soft Machine «storici», quelli insomma «originari» degli anni Sessanta-Settanta?

Quando avevo circa sedici anni, il mio amico Ugo Nankivell, che era tastierista, cantante e paroliere nella mia prima band, Fundamental Furniture, aveva l’album Soft Machine 5, e me lo ha prestato. Mi è subito piaciuto e l’ho registrato su audiocassetta. Sono rimasto affascinato dall’atmosfera iniziale con l’assolo del sax sopra il tessuto ritmico, con gli umori generali e in particolare un brano, Drop, con gocce d’acqua e l’eco del Fender Rhodes. Ho avvertito qualcosa dal carattere forte che era diverso sia dai Nucleus sia da altri gruppi jazz rock inglesi che avevo sentito, sia soprattutto da tutto il rock jazz o fusion americana che avevo ascoltato molto fino a quel momento. Era l’unica musica dei Soft Machine che conoscevo e avevo già vent’anni! Fu solo molto più tardi che ho cominciato a sentire il resto della loro immensa discografia.

Quali sono le ragioni che ti hanno spinto a diventare uno dei Soft Machine?

È molto semplice. Nel 2006 avevo suonato e registrato con John Etheridge e John Marshall in vari contesti già da una dozzina d’anni. Ho sempre amato lavorare con loro e siamo diventati molto amici. Avevo anche fatto un paio di cose con Hugh Hopper attorno al 2002. Quindi erano tutti musicisti che conoscevo molto bene. Ero dunque consapevole e avevo anche parlato a lungo con tutti loro sul progetto Soft Machine Legacy e sul suo precursore Soft Works. E in quel periodo ho acquisito anche familiarità con un bel po’ di musica targata Soft Machine. Così, quando ho ricevuto una chiamata da Hugh nel febbraio del 2006, che mi diceva che Elton Dean era molto malato e mi chiedeva di partecipare come sostituto in un concerto due giorni dopo, ho detto sì, senza un attimo di esitazione. Purtroppo Elton morì poco dopo e così mi è stato chiesto se volessi sostituirlo.

Soft Machine a parte, hai dei «maestri» nel mondo della musica?

Amo così tanto la musica che è difficile restringere il campo. Senza rifletterci troppo e rispondendoti di getto, alcuni favoriti sono: Miles Davis, Stan Getz, Tubby Hayes, John Coltrane, Ralph Towner, Robert Fripp, Brian Eno, Chopin, Rachmaninov, Vaughan Williams, Sibelius, gli Who, i Pink Floyd, i Beatles, i King Crimson, i Weather Report, gli Yes, Mel Collins, Frank Sinatra, ma… la lista è infinita!

Sei amico di qualcuno dei vecchi membri della «morbida machina»?

Dei primissimi Soft Machine conosco Daevid Allen molto bene visto che ho suonato con lui nei Gong per dieci anni. Ho anche incontrato Robert Wyatt il quale mi ha confessato che ama molto il mio modo di suonare, tuttavia non lo conosco bene. E naturalmente sapevo di Hugh attraverso i Soft Machine Legacy e grazie ad alcuni concerti improvvisati per basso elettrico. Non conosco personalmente Mike Ratledge, l’ho visto una sola volta, quando è spuntato per salutare i ragazzi della band, dopo un concerto della Legacy: e non ho mai parlato con Kevin Ayers, anche se ha suonato da supporter per i Gong un paio di volte. Conoscevo un po’ Elton Dean e ho suonato solo con lui purtroppo solo un paio di volte.

C’è stato un momento-clou nella tua carriera con la Soft Machine Legacy?

Non esiste, almeno per me, un solo momento migliore e nemmeno uno assoluto, ma sono enormemente contento, oggi come il primo giorno, di essere un membro di questo gruppo, dove milito ormai da sette anni. Si tratta di una band egualitaria e paritetica, dove tutti noi contribuiamo a scrivere brani e a prendere decisioni congiunte su ogni questione. Io amo la musica che suoniamo, tanto nei vecchi pezzi quanto con quelli nuovi. È letteralmente un mix meraviglioso e fantastico di jazz, rock, libera improvvisazione, psichedelia, musica elettronica sperimentale; e la melodia è esattamente quello che mi piace fare. Si adatta molto bene a tutti i miei interessi musicali. Ho il massimo rispetto per tutti gli altri musicisti. Ed è davvero troppo divertente lavorare con loro.

Ma non riesci proprio a trovare un momento magico in tutti questi sette anni?

Direi allora che ho particolarmente apprezzato il lavoro sui nostri ultimi tre album, che mi sono proprio goduto le due settimane dei nostri tour europei, così come ho amato i nostri due viaggi in Giappone, dove l’accoglienza è sempre festosa e il pubblico è competente e preparato.

Fra i tre album a nome Soft Machine Legacy che hai registrato ce n’è uno che ami più degli altri?

È difficile a dirsi, in quanto è sempre andato tutto bene in tutti e tre; sarebbe come chiedere a una madre qual è il figlio preferito! Tuttavia mi sembra di poter dire che il nuovo Burden of Proof sia quello che cattura maggiormente i diversi elementi che compongono Soft Machine Legacy (e di fatto Soft Machine) per quello che è. Mi piace insomma l’aspetto psichedelico e per così dire spaziale del suono, e credo che inserendo il Fender Rhodes nei vari pezzi si migliora ulteriormente il mood generale. Penso anche che questo gruppo possa liberamente improvvisare (come solisti e come insieme) in un modo unico e speciale; e forse è proprio questo l’aspetto che abbiamo catturato nei diversi momenti del nuovo album!

Ma tu come definiresti la musica dei Soft Machine?

Di mentalità aperta, musicalmente ambiziosa, con un disegno di vasta portata sulla musica inglese fra rock, jazz, psichedelia, free improvisation, elettronica, rumore, tessiture e melodie, come ti dicevo prima.

Come vedi, in generale, la Soft Machine Legacy di questi tempi?

Penso che siamo in buona forma. La band suona alla grande, e siamo tutti felici del nuovo album. Questo è anche un momento felice per la musica progressiva (jazz e rock), quindi c’è un sacco di interesse attorno a Soft Machine Legacy e alla nostra musica. Spero che saremo in grado fare bene alcuni concerti per il prossimo anno e di far conoscere la nostra musica a più persone possibili. Recentemente abbiamo suonato al Festival Jazz di Francoforte, con l’aggiunta di Keith Tippett al pianoforte e si è trattato di una grande esperienza e uno sviluppo espressivo interessante. Mi auguro di esplorare ulteriormente questo tipo di collaborazione. Siamo molto fortunati in quanto abbiamo Leonardo Pavkovic dalla nostra parte, che è il nostro manager oltre a essere il ‘boss’ della label: è soprattutto un grande fan dei Soft Machine ed è stato estremamente utile in ogni cosa relativa alla band.

Cosa stai facendo ora, anche da solo, a livello musicale?

Sono molto occupato al momento. A parte Burden of Proof sono attualmente in tour con il gruppo di Steven Wilson; ho suonato in tutti e tre i suoi album da solista e in quello più recente, The Raven that Refused to Sing (And Other Stories) che sta ottenendo enorme successo in tutto il mondo. La band dal vivo è formata da Steven (voce, chitarra), Guthrie Govan (chitarra solista), Adam Holzman (tastiere), Nick Beggs (basso), Marco Minneman o Chad Wackerman alla batteria, oltre il sottoscritto ai sax tenore e soprano, al flauto, al clarinetto e talvolta alle tastiere aggiuntive. È una straordinaria band con un livello molto elevato di musicalità; del resto la musica di Steven è eccellente e non a caso abbiamo avuto sempre una risposta meravigliosa di pubblico, che è ancora in crescita perché stiamo suonando davanti a due-tremila persone ogni notte. Il tour prosegue per gran parte dell’anno; abbiamo iniziato in Europa, abbiamo girato tutto il Nord America e Sud America e ancora Italia, Germania e Olanda, infine Giappone e Australia, il tutto sino alla fine di novembre.

Altri progetti per il futuro?

Ci sono quelli in corso che includono Le sacre du travail nuovissimo album dei Tangent, poi il mio ultimo album in duo con Robert Fripp chiamato Follow e un altro cd solista per il quale sto scrivendo un po’ di musica nuova, sperando di poterlo registrare l’anno prossimo…