«È gente come noi che deve dare l’esempio», dice un uomo al bianchissimo vaquero Eli McCullough che deve proteggere il suo ranch dai messicani. «Se non siamo noi a dare l’esempio, la civiltà farà un passo indietro». Ma Eli non è convinto. «Tu dici un passo indietro, io dico che tornerà allo stato di natura», ribatte. Eli è il figlio del Texas, nato l’anno della sua fondazione. La risposta del protagonista di The Son, il pluripremiato romanzo ora anche serie televisiva in onda negli Stati uniti su Amc, non è la professione di un principio rousseauiano ma il rifiuto di offrirsi alla storia come un eroe.

I western ci hanno abituati a vedere in ogni pellegrino la controparte di un eroe greco, ma The Son tenta di ricostruire le origini del Texas, il cuore dell’America cosiddetta «vera», escludendo gli eroi e raccontando vicende di uomini fallaci, miopi, ai limiti del crimine, siano essi bianchi, messicani o indiani comanche. Un’improbabile quanto convincente Pierce Brosnan interpreta il patriarca Eli McCullough, figura di antieroe parallela a quella del patriarca messicano Pedro García e al capo comanche Toshaway. Ma se il romanzo di Philipp Meyer è guidato dalla voce narrante di un Eli centenario che ricorda la sua prima giovinezza come schiavo comanche (poi affrancatosi in guerriero carico di onori), la sua maturità di vaquero e la sua vecchiaia di magnate del petrolio, la serie televisiva, scritta anch’essa con la partecipazione dell’autore del libro, non ha una voce che la renda personale e perde molto di quel mordente che ha fatto del Piccolo grande uomo una memorabile vicenda delle origini americane. Gli americani sono sempre in cerca di padri, ed è per questo che intitolare «Il figlio» una vicenda patriarcale è un tratto specificamente americano.

La personalità di ribelli irresponsabili (vedi James Dean), orfani di padri e di patrie (vedi John Wayne), di eterni adolescenti in lotta contro l’autorità (molti altri eroi cinematografici americani) ha restituito l’immagine dell’americano come di un immaturo in cerca di benedizione per le sue azioni violente. Il mondo di The Son è segnato dalla violenza: dei bianchi contro i messicani, dei messicani contro i bianchi e dei comanche contro tutti. Non c’è niente di politicamente corretto in questa serie perché gli autori si rifiutano di prendere posizione, come era accaduto in Ombre rosse o, in una descrizione dell’altro punto di vista, nel Piccolo grande uomo. Ma un conto è tratteggiare una storia delle origini americane raccontando la violenza come tratto distintivo di tutte le parti coinvolte, tutt’altro è restare in bilico e comunicare un senso di incertezza all’audience abbandonata a se stessa, senza che possa ricostruire le vicende che sono prive di taglio narrativo. Questa serie ha sprecato la grande occasione di ricostruire in modo innovativo le vicende dell’istituzione di una nazione senza buoni né cattivi – in sostanza una nazione costruita sulla cattiveria, l’assenza di scrupoli, la distanza da una qualsiasi legge morale.

Purtroppo The Son  non è Deadwood e non ci dobbiamo aspettare precise ricostruzioni storiche e figure a tutto tondo, specie tra le donne, relegate a fare le mamme, le vedove, le mogli tradite, le ragazze costrette a matrimoni di convenienza. Con Mad Men il canale AMC aveva magistralmente restituito un affresco dei padri della contemporaneità, quegli uomini dei primi anni Sessanta che si erano spogliati della morale e di ogni ancora religiosa. Purtroppo, AMC non è riuscita a fare lo stesso con i padri del primo Novecento, nonostante un romanzo che prometteva una serie davvero d’eccezione.