Mio padre è morto due anni fa. Era stato diagnosticato con l’Alzheimer sette anni prima della sua morte. Il suo declino non è stato rapido ed è possibile che lui fosse già malato da un paio d’anni prima che si notasse un cambiamento. Il primo segnale vero e proprio è stato quando andò a camminare lungo la spiaggia vicino a casa e tornò dopo alcune ore in stato confusionale. Ad essere onesto, quella volta, quando ho sentito la voce preoccupata di mia madre pensavo stesse esagerando. Non era una cosa insolita per mio padre andare a fare lunghe camminate e perdere il senso del tempo; si fermava a parlare con qualche conoscente o a guardare le piante e gli alberi. La malattia era come una pellicola che copriva il suo carattere: la forma sembrava la stessa anche se il tessuto era diventato completamente diverso. Lui lo sapeva e si rendeva conto di questa perdita. Adottava delle strategie per nascondere la malattia, e per mantenere il senso del controllo. Si metteva a fare il pagliaccio, i suoi errori diventavano degli scherzetti da birichino. Non era lui, ma era comunque meglio della furia e della confusione che la sua condizione meritava e che abbiamo anche visto, raramente per fortuna.

C’è una scena nel nuovo film di Florian Zeller «The Father» in cui Anthony Hopkins nei panni di Anthony, un uomo in caduta libera da demenza, parla con una giovane badante e sostiene di essere stato un ballerino. Quando sua figlia Anna (Olivia Colman) lo corregge, si comporta come un bambino, ammicando. Qui ho rivisto mio padre, ancora una volta. E ho rivisto anche mia madre nel ruolo di figlia, un po’ impaziente, imbarazzata. E anche nel ruolo di badante che vede un paziente di buon umore ed è contenta di prendere la situazione in maniera leggera.

Ci sono stato altri film su questo tema: «Still Alice» con Julianne Moore e «Ella & John: The Leisure Seeker» con Donald Sutherland e Helen Mirren. Ma «The Father» è unico nel modo in cui noi, il pubblico, entriamo nel punto di vista di Anthony. Come un thriller o meglio un film dell’orrore, sembra che ci sia un complotto. Le persone si comportano in una maniera difficile da prevedere, alcune cambiano aspetto completamente, diventano irriconoscibili: anche i luoghi cambiano. Anthony reagisce con umorismo, rabbia, sospetto, incredulità e paura. La realtà è più fluida di un romanzo di Philip K. Dick.

Da critico non so dire se il film è bello o meno. Cinque stelle? Quattro? O forse tre? Boh. Trovo molto difficile dare un giudizio oggettivo, anche se questo esistesse davvero. L’unica cosa che posso dire è che mi è sembrato vero e questa verità è molto preziosa.