Aspettare un evento, un disastro che sembra sempre all’orizzonte ma che non pare arrivare mai, un senso di ecatombe immane, paura totale ma allo stesso tempo speranza di un cambiamento, quest’attesa carica di energia statica dove le persone si muovono in balia degli eventi che le trascendono è la cifra principale dall’ultima fatica di Lav Diaz. Proiettata in anteprima mondiale al festival di Oberhausen «The Day Before the End», dopo pochi giorni è stato reso disponibile a livello internazionale anche sulla piattaforma streaming di Mubi. «The Day Before the End» è un caso particolare nella filmografia di Lav Diaz, abituati a durate fluviali, le 9 ore di «Death in the land of Encantos» o le 10 di «Evolution of a Filipino Family», qui il regista filippino cerca di concentrare la sua poetica in «soli» 18 minuti di durata. Ovvero Diaz abbandona per una volta l’elemento stilistico della durata, anticapitalistico ed antispettacolare per scelta dichiarata, per concentrare i suoi sforzi artistici su qualcosa di diverso. Troviamo ancora una volta però tutte le caratteristiche estetiche che tanto hanno impattato il mondo del cinema nell’ultimo decennio, come la fotografia digitale in bianco e nero, teoria e pratica di liberazione secondo lo stesso regista, o la rigidità formale del soffermarsi a lungo su paesaggi, in questo caso urbani, e su dialoghi apparentemente slegati dall’ambiente circostante. Per quel che riguarda la trama, si tratta di scene girate qua e là in una città filippina, un dentista che opera un paziente, scorci notturni di metropoli con singoli individui che recitano brani poetici ad alta voce, una non storia ed anti-narrazione che non porta da nessuna parte se non nell’incombente diluvio finale, non sappiamo se ricreato per l’occasione o veramente accaduto, che sommerge d’acqua varie parti di città. Un’opera volutamente incompleta e quasi kafkiana nella sua estetica che ci fa sperare ed intravedere un nuovo Lav Diaz, allo stesso tempo uguale a sé stesso. La speranza è quindi quella di vedere il regista filippino intraprendere nuove strade, senza naturalmente lasciare o rimpiangere nessuna delle passate, Diaz assieme a Wang Bing rimane uno dei «profeti» del digitale che più hanno saputo ottenere ed esprimere dalla nuova tecnologia. Il rischio è però che il suo cinema si fossilizzi è diventi troppo uguale a sé stesso diventando di maniera, lunghe durate, piani sequenza infiniti. Con questo «The Day Before the End» però l’autore filippino si dimostra molto più versatile e potenzialmente ricco di varietá, senza perdere nulla della sua estetica estrema e del suo impegno politico e storico.