Uno dei titoli di punta dell’attuale stagione cinematografica ambientalista è The Age of Consequences, il nuovo documentario dell’australiano Jared P. Scott, che si era già messo in evidenza con il precedente Requiem for the American Dream. Una bomba.

Scott consulta esperti della sicurezza, del Pentagono, veterani, ex generali, per far capire cosa stia succedendo. E il nodo fondamentale parte proprio dal cambiamento climatico e le sue conseguenze. Non si tratta di pareri di anime belle, ma di analisi documentate, a tratti inquietanti. Il surriscaldamento provoca scompensi come inondazioni e siccità. E quando le condizioni di vita si complicano sorgono a cascata tutti gli altri problemi: instabilità, terrorismo, conflitti, migrazioni.

Il clima non è l’unica causa, ma agisce da catalizzatore e acceleratore. Si spiega così l’esplosione dell’Isis e affini, i sussulti contraddittori delle primavere arabe, i 60 milioni di profughi che premono sui confini della vecchia Europa e dell’Italia.

Alcune cifre sono da allarme rosso, in Somalia il conflitto aveva causato un milione e100 mila rifugiati, 50mila richiedenti asilo e un milione e 130 mila sfollati; in Sudan rispettivamente 650 mila, 40 mila, 2.300mila; in Afghanistan 260, 17 e 947; in Iraq 377, 141 e 4milioni; in Siria oltre 4milioni di rifugiati, 80mila richiedenti asilo e 7milioni e 600mila sfollati. Acqua e cibo sono le molle che determinano la nascita dei vari stati islamici. Il confine tra India e Bangladesh per timore di un innalzamento dei mari che provocherebbe una catastrofe umanitaria nel piccolo stato ha spinto il governo indiano a recintare ed elettrificare l’intero confine con l’aggiunta di guardie armate.

Il meteo non è più nelle mani di Dio, ma in quelle degli uomini che stanno determinando un surriscaldamento sempre più difficile da contrastare.