Mancava un’ora all’inizio delle lezioni quando il soffitto di un’aula dell’istituto Montani di Fermo è venuto giù e si è abbattuto sui banchi. La tragedia è stata soltanto sfiorata: questione di fortuna e non di altro, in un Paese che ormai casca fisicamente a pezzi.

Il crollo del soffitto si è verificato senza alcun tipo di preavviso alle 7 e 20 del mattino di ieri: le travi in legno erano asciutte, segno che non c’era logoramento, eppure il tetto si è sgretolato lo stesso. I bidelli e i tecnici hanno sentito il boato e hanno immediatamente chiamato i soccorsi. Qualcuno ha anche pensato di trovarsi nel bel mezzo di un’ennesima devastante botta di terremoto o davanti allo scoppio di qualcosa, ma la realtà era molto più semplice, per quanto in un certo senso assurda: non era accaduto niente, il tetto è venuto giù da solo. È successo ieri prima della campanella, poteva tranquillamente succedere oggi durante una lezione.

L’aula, ormai ridotta a un cumulo di calcinacci e polvere, è uno stanzone di quasi 100 metri quadrati che di solito viene usato per i compiti in classe e per le assemblee. La parte di tetto crollato è quasi un terzo del totale, con i calcinacci e le pietre che sono finiti sui banchi, sfondandoli: le immagini di quello che resta non sono troppo diverse rispetto a quelle di un bombardamento.

A scopo precauzionale, nella mattinata di ieri, tutti gli studenti di quell’ala dell’istituto sono stati trasferiti altrove, mentre i vigili del fuoco e la protezione civile hanno effettuato i loro sopralluoghi per cercare di capire come sia stato possibile il crollo. «C’è un grande avvallamento sul tetto – ha spiegato ai cronisti Marco Lambruschi dei vigli del fuoco – quindi c’è il rischio di ulteriori crolli».

La preside dell’istituto, Margherita Bonanni, non riesce a capacitarsi di quello che è successo: «Non c’è stata alcuna avvisaglia e i controlli post sisma sono sempre stati fatti con regolarità». L’aula crollata si affaccia sul lato della chiesa di Sant’Agostino, che pure era stata messa in sicurezza dopo i terremoti del 2016, almeno in teoria. La verità è che il Montani – praticamente un’istituzione a Fermo, con oltre un migliaio di studenti provenienti da tutta la regione e in passato frequentato anche, tra gli altri, da Antonio Di Pietro e dal brigatista Mario Moretti – soffre dello stesso male di tantissime altre scuole italiane: una fragilità strutturale che può giocare brutti scherzi improvvisamente.

Di denunce, ne sono state fatte a decine, ma la messa in sicurezza degli edifici pubblici non sembra essere una priorità per nessuno. Intanto il paese crolla e non viene ricostruito, come testimoniato abbondantemente dalla gestione del sisma di quasi due anni fa: in tutto questo tempo sono stati aperti appena 18 cantieri su 100 mila richieste di intervento. E se nel poco distante cratere va così, è facile immaginare quanta poca importanza venga data alla situazione delle altre città.

«Quello che è accaduto a Fermo è estremamente grave, inaccettabile e pericoloso – dice Sami Ghanmi, coordinatore regionale della Rete degli studenti medi – abbiamo più volte segnalato i problemi dell’edilizia scolastica, eppure sembra che si continui ad agire solo in base alle emergenze del momento, senza piani strutturati». È un problema di sicurezza, parola troppo spesso usata a sproposito per indicare il presunto pericolo derivante dagli sbarchi dei migranti, e che invece riguarda la poca consapevolezza di vivere in un Paese fragile, un’Italia in cui i palazzi possono crollare addosso alle persone in qualsiasi momento.