Aveva posto una condizione precisa il cancelliere austriaco socialdemocratico Werner Faymann quando il 20 gennaio scorso approvò l’introduzione di un limite alle domande d’asilo in Austria (37.500) e al numero di rifugiati in transito diretti altrove: «Ogni misura dovrà essere conforme alla costituzione e ai diritti umani», era scritto nell’accordo di governo. Allo scopo fu commissionata una perizia a due giuristi sulla fattibilità della nuova linea dura.

Ebbene, il responso dei due professori di diritto, Bernd Christian Funk e Walter Obwexer, è arrivato ieri. Si tratta di una sonora bocciatura di quanto il cancelliere, il vicecancelliere, i ministri degli Interni e Esteri cercano di imporre dentro e fuori i confini. Secondo la perizia consegnata ieri al governo – per ora si conoscono solo delle anticipazioni – respingere un richiedente asilo che supera il numero stabilito dei 37.500 «viola il diritto internazionale, i diritti umani e la costituzione austriaca». Il diritto del richiedente asilo alla tutela davanti a un tribunale indipendente è sancito a livelli molteplici: nella carta Ue dei diritti fondamentali, nella Convenzione europea dei diritti umani e alla costituzione. Quella tutela cade se la domanda d’asilo non viene neanche ricevuta.

Ma non è l’unica violazione. Se le domande di asilo in sovrannumero non vengono trattate, ha spiegato Funk al quotidiano viennese der Standard, si ignora il principio del non refoulement, del divieto di espulsione nel paese di origine o in uno stato dove c’è il rischio di tortura, pena di morte o lesione della propria integrità fisica. Anche il respingimento in uno stato vicino o terzo, presunti sicuri, non libera le autorità austriache dal dovere di esaminare il caso singolo. Un dovere che non può venire meno chiamando in causa l’emergenza.

Stabilire un tetto massimo è stato solo il primo passo del ribaltamento della politica di accoglienza praticato l’autunno scorso dal governo austriaco. E ai confini austriaci attraversati nel 20015 da un milione di rifugiati, 90mila dei quali hanno chiesto asilo in Austria, da due settimane non si vede più nessuno. Spielfeld, tra Austria e Slovenia, attrezzata di recente con apposite strutture è vuota.

Bocciato dal costituzionalista Funk anche l’accordo di Zagabria, dove su iniziativa austriaca sono state concordate le misure di polizia che attualmente blindano la rotta balcanica provocando la catastrofe di Idomeni. L’accordo è privo di qualunque legittimità giuridica, ha dichiarato a der Standard il giurista: «Formalmente appare come accordo tecnico. Ma allora doveva essere deciso dal parlamento, o dal presidente della repubblica».

In forte imbarazzo per i risultati della perizia, il governo austriaco ha rinviato a dopo pasqua la discussione sulle conseguenze politiche, delegando una prima valutazione ai propri uffici tecnici.

Intanto oggi (sabato) scende in piazza «contro la politica d’asilo disumana del governo» il coordinamento Fluechtlinge willkommen, «benvenuti rifugiati», a cui aderiscono 138 sigle e organizzazioni della società civile. Appuntamento a Vienna nella centrale Karlsplatz, vicino all’opera, dove il museo comunale ha allestito una grande istallazione sul tema dell’asilo. In prima linea anche artisti e intelettuali che a inizio marzo hanno firmato un appello contro i confini blindati e di solidarietà alla Grecia.