La battaglia è di quelle che possono sembrare piccole piccole: riguarda un’isoletta del Mediterraneo, Lampedusa, e il suo Comune. Ricoprire di pannelli fotovoltaici, con un impianto di 40 kw, il tetto dell’amministrazione: Greenpeace Italia ha scelto questo obiettivo simbolico per accendere i riflettori sulle rinnovabili in Italia, energie che negli ultimi due anni (dopo l’insediamento del governo Renzi) hanno subito una netta battuta d’arresto. A favore delle fossili, gas e petrolio. Il municipio siciliano aveva già vinto un bando del ministero dello Sviluppo, ma poi tra documenti e autorizzazioni ha tanto atteso che alla fine ha perso i fondi. Così è partito il crowdfunding: reperire 30 mila euro entro il 24 settembre per comprare i pannelli necessari all’isola.

«Risparmio locale: 200 mila euro»
L’associazione ambientalista ha lanciato la raccolta fondi in occasione del suo trentesimo compleanno: «Accendiamo il sole» ha già superato la metà del target che si è prefissata (ieri era sopra i 17 mila euro), ma a questo punto serve uno sforzo in più. Soprattutto perché i pannelli solari sono necessari per rendere indipendente Lampedusa dal petrolio: l’isola siciliana, così come un’altra ventina in tutta Italia, deriva infatti la totalità della sua energia elettrica dal fossile per eccellenza, essendo scollegata dalla rete di distribuzione nazionale.

Installare questo impianto – spiega Greenpeace – permetterebbe al Comune di risparmiare quasi 200 mila euro, «soldi che potranno essere utilizzati a vantaggio dei cittadini, per una Lampedusa più efficiente e pulita, isola al 100% rinnovabile». Inoltre, si eviterebbe l’emissione di ben 300 tonnellate di CO2, l’equivalente di 1.091.000 km percorsi da un veicolo.

L’energia prodotta dalle centrali che bruciano petrolio nelle isole minori italiane, oltre a essere altamente inquinante è anche molto cara per la bolletta elettrica nazionale: ci costa più di 60 milioni di euro l’anno.

«Accoglienza, aria pulita, pace»
«Ci sono almeno due piani su cui vogliamo porre l’attenzione – spiega Luca Iacoboni, responsabile campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia – Innanzitutto il problema delle 21 isole minori italiane che ancora oggi producono la propria energia con dei generatori diesel: chiediamo una legge ad hoc per rendere più semplice il passaggio alle rinnovabili e abbandonare così per sempre il petrolio».

Lampedusa «è anche simbolo di accoglienza per tante persone che fuggono da guerre, tra le cui cause troppo spesso c’è il petrolio, lo stesso che viene usato per produrre energia. Il sole non è solo un modo per produrre energia pulita, ma anche segno di speranza per un futuro di pace».

Ma non basta, perché il secondo obiettivo della campagna per i tetti solari a Lampedusa riguarda tutta Italia: «Negli ultimi due anni – prosegue il responsabile Energia e Clima di Greenpeace – c’è stata una battuta d’arresto nello sviluppo delle rinnovabili. Uno dei primi atti di Renzi, dopo che si è insediato a Palazzo Chigi, è stato il decreto “Spalma-incentivi”, che ha modificato in modo retroattivo regimi già adottati. Tante imprese hanno dovuto chiudere e licenziare, e oggi siamo piombati al 25esimo posto nell’attrattività per gli investitori esteri, mentre la Germania resta salda tra i primi cinque. Se da un lato è vero che siamo ancora tra i paesi con la maggiore percentuale di produzione sul totale dell’elettricità, lo dobbiamo però alle passate politiche: l’orizzonte futuro è drammatico, e lo dicono i dati sui nuovi impianti e sugli investimenti».

A Lampedusa, la trafila delle autorizzazioni – l’ultima, quella della Soprintendenza di Agrigento – ha richiesto più di un anno, tanto che alla fine, quando le carte erano a posto, la beffa è stata quella di trovare il bando del ministero ormai chiuso. «Oggi quello che frena – conclude Greenpeace – più che l’assenza di incentivi, quasi superflui visto che l’installazione dei pannelli è competitiva, è la lentezza della burocrazia e l’assenza di strumenti a favore dei prosumers, i produttori e consumatori di rinnovabili. Sburocratizzazione, informazione, prestiti bancari facilitati. E poi, rispettando i vincoli storici e paesaggistici, sarebbe utile sederci a un tavolo con tutti i soggetti, per scongiurare i tempi lunghi dove i vincoli non sono motivati».