Doppio binario per le discussioni su eutanasia e dichiarazioni anticipate di trattamento. È questa la scelta operata dalla Camera dei Deputati: separare i temi in modo tale, si dice, da assicurare un iter che si concluda con una legge almeno sul testamento biologico. E così, mentre la discussione sull’eutanasia non è ancora in fase di dibattito generale, quello sulle Dat è giunto alle audizioni degli esperti.

In seno alla Commissione Affari sociali, alla quale sono stati assegnati i testi, la relatrice è Donata Lenzi, deputata dem che vorrebbe arrivare a una legislazione di principio, a un «diritto mite» che non pretenda di regolamentare ogni singolo atto medico. Sono sette le proposte di legge sul tavolo dei 44 commissari. Leggendole, si possono dividere in due categorie. La prima, più ampia, vede proposte che vanno incontro alla libertà di autodeterminazione della persona, lasciando l’individuo libero di decidere cosa andrà fatto di sé nel caso in cui non si trovasse più nelle condizioni di intendere e volere, quindi nell’impossibilità di acconsentire o rifiutare trattamenti sanitari. La seconda categoria, con l’impostazione Binetti-Roccella che fu quella del ddl Calabrò nella XVI legislatura, vede invece proposte che, oltre a consentire al medico di non rispettare le indicazioni ricevute dal paziente, vietano l’inserimento nel biotestamento di indicazioni riguardanti alimentazione e idratazione artificiale, prevedendone il mantenimento fino al termine della vita. Ed è proprio sul punto della nutrizione e idratazione artificiale da intendersi come obbligatorie o meno che in queste prime sedute si consuma il dibattito. A tentare di fare chiarezza durante le audizioni è stato Giancarlo Sandri, consigliere della Società italiana di nutrizione clinica e metabolismo (Sinuc): «Non possiamo non identificare nell’idratazione e nutrizione artificiale un trattamento terapeutico». Infatti questo trattamento andrebbe iniziato e sospeso come qualsiasi altro, al momento giusto e se ce n’è bisogno. Se ciò venisse accettato come principio cardine, deriverebbero tutti gli altri principi, tra cui la possibilità di rifiuto. Continua Sandri: «Non è uguale imboccare un anziano e nutrirlo per via endovenosa: il secondo caso è artificiale e può portare complicanze, può essere addirittura futile o dannoso». Sulla stessa linea Mauro Rossini, dell’Associazione italiana di dietetica e nutrizione medica (Adi): «L’invasività a volte offende la condizione del paziente e il paziente stesso. La volontà suprema penso debba spettare al paziente o a chi gli sta più vicino». Alcuni parlamentari hanno voluto ricordare agli esperti, ossia a uomini di scienza che vivono la realtà del fine vita ogni giorno nelle corsie ospedaliere, che esistono letterature discordanti sui temi in discussione. Lo stesso presidente Mario Marazziti (Ds-Cd) ha sottolineato come la Commissione stia discutendo di Dichiarazioni anticipate di trattamento, non di Direttive anticipate. Sembra un gioco di parole, ma non è.

Sebbene il percorso legislativo sia solo alle battute iniziali, le prime audizioni risultano positive. Gli esperti confermano che in ogni trattamento sanitario la persona, anche se malata, deve essere posta al centro di ogni azione, previa informazione corretta e completa da parte dell’equipe medica non solo della diagnosi, ma anche della prognosi e delle alternative possibili di cura o assistenza. Gli obiettivi posti al centro del dibattito dall’iniziativa popolare dell’Associazione Luca Coscioni insieme a medici, infermieri e persone malate, sono quindi sostenuti anche dalle personalità audite in Commissione. Ora sta al Parlamento non perdere l’occasione per costruire e approvare una buona legge sul fine vita.

*Coordinatore campagna Eutanasia Legale