Per due giorni l’ex lirico di Milano si chiamerà «Boycott Invalsi Space Occupato». Ieri la Rete studenti Milano, Casc Lambrate, Fronte della Gioventù Comunista e l’Uds Milano hanno occupato gli spazi del teatro in via Larga che i milanesi chiamano anche «La Cannobiana». Il nuovo nome è stato scritto su uno striscione esposto sulla facciata principale del teatro. #BoycottInvalsi è lo slogan (con hashtag su twitter) della campagna nazionale contro i test Invalsi che oggi vedrà protagonisti tutti i gruppi studenteschi organizzati.

Dopo lo sciopero della settimana scorsa, i Cobas invitano oggi i docenti e il personale Ata delle scuole medie e superiori a boicottare nuovamente gli “indovinelli dell’Invalsi”. «Ci auguriamo – afferma Piero Bernocchi – che non si ripetano gli abusi e l’attività antisindacale, perseguibile per legge, di tanti presidi-padroni, che il 6 e il 7 hanno minacciato insegnanti e genitori». I Cobas chiedono anche la restituzione degli scatti di anzianità e 300 euro mensili di aumento, a parziale recupero del salario perso per il blocco dei contratti di docenti e Ata negli ultimi sei anni.

Abbandonato nel centro città da 15 anni, un tempo il Lirico a Milano ha funzionato come «sala grande» del Piccolo teatro di Strehler, ospitando anche opere di Brecht. Dedicato a Giorgio Gaber, oggi il teatro abbandonato verrà raggiunto da una decina di cortei provenienti dalle scuole che protestano contro la «somministrazione» dei test nelle scuole superiori.

«L’obiettivo dichiarato dell’istituto Invalsi è assegnare il Fondo Istituzione Scolastica in proporzione ai risultati delle diverse scuole ai test – spiegano gli studenti – questo è un meccanismo evidentemente classista». Per gli studenti, questa prova ha cambiato la natura dei saperi trasmessi in aula: «Vogliono concentrarsi sulla cultura nozionistica ed evitare di “disperdere” energie nell’integrazione degli studenti nella società – aggiungono – stilando una graduatoria degli istituti scolastici, appariranno come migliori le scuole con situazioni consolidate e, spesso, inserite in contesti di buona società e solidità finanziaria, mentre saranno considerate come peggiori le scuole che lavorano in situazioni di maggiore disagio e povertà». Gli studenti temono che la divisione «meritocratica» delle scuole sia il pretesto per finanziare «gli istituti già virtuosi, in linea con l’operato delle destre che si sono succedute al governo».

L’Unione degli Studenti (Uds) annuncia il boicottaggio delle prove anche a Roma, Pisa, l’Aquila, Genova, Salerno, Bari, Torino e molte altre città. Lo slogan di un’azione che definiscono di «disobbedienza» è «Valutati, non schedati!». «Valutare non può significare schedare o mettere in classifica – spiega l’Uds – oppure favorire la competizione tra scuole e studenti, indirizzare e svilire la didattica rendendola un semplice bagaglio di nozioni da digerire per affrontare i test». Anche il costo dell’operazione è diventato oggetto di polemiche: 16 milioni di euro per quella che gli studenti definiscono «una valutazione dannosa e inutile». Gli studenti lasceranno in bianco le prove.

La critica all’Invalsi non è solo una prerogativa degli studenti italiani. Ottanta accademici che lavorano in università di tutto il mondo hanno inviato una lettera di protesta a Andreas Schleicher, direttore del programma Ocse di valutazione degli studenti attraverso i testi Pisa. «I risultati dei test Pisa, giunti al 13° anno, vengono attesi con ansia dai governi, dai ministri dell’Istruzione e dalle redazioni e influiscono sulle politiche educative, impoverisce le nostre classi e danneggia i nostri bambini – scrivono – Come risultato tutti i paesi stanno revisionando i loro sistemi nella speranza di migliorare la loro classifica». Nella lettera pubblicata da The Guardian gli studiosi sostengono che i test hanno contribuito ad una «escalation nell’affidamento ad una valutazione quantitativa». La valutazione del lavoro degli insegnanti, come del rendimento degli studenti, non può essere ridotta all’analisi di test omogenei per tutti. «La loro condizione varia fortemente per cultura e non può essere facilmente influenzata da una politica di breve periodo» spiegano. Per realizzare i test, l’Ocse ha creato inoltre una serie di partnership pubblico-private con multinazionali che mirano a guadagnare dai deficit degli studenti. Il professore a Cambridge David Spiegelhalter sostiene che i dati prodotti dalle prove siano solo in parte il frutto delle risposte degli studenti. In realtà sono ottenuti mediante estrazioni casuali. La metodologia è ispirata al modello statistico Rasch smentito dall’evidenza sperimentale. Questo modello è alla base dei test Invalsi in Italia, la cui validità non può essere data per scontata, commenta Giuseppe De Nicolao su Roars.it.