Dopo la morte di Adriano Trevisan, il paesino di Vo Euganeo, in provincia di Padova, è stata subito dichiarata zona rossa e isolata. Vo si è trasformato così in un laboratorio ideale per studiare la diffusione del virus: con i suoi tremila abitanti, è abbastanza grande da ospitare un focolaio del virus, ma abbastanza piccola da essere battuta villetta per villetta.

L’idea di studiare il virus in un paesino sui colli è venuta a Andrea Crisanti, microbiologo romano con una cattedra a Londra e una Padova. Crisanti ha sottoposto a tampone tutti o quasi gli abitanti di Vo all’inizio del lockdown (23 febbraio) e due settimane dopo. I test a tappeto e la dettagliata ricostruzione dei contatti tra gli abitanti hanno permesso di svelare aspetti finora poco conosciuti del virus, grazie anche alla collaborazione tra il gruppo di ricerca dell’università di Padova guidato da Crisanti e quello diretto da Neil Ferguson all’Imperial College di Londra. Lo studio è stato pubblicato sul sito Medrxiv.

Il primo risultato notevole è la misura della “prevalenza”, cioè la percentuale della popolazione infetta. A fine febbraio, il 2,6% (73 abitanti) della popolazione di Vo era risultata positiva al coronavirus. Al tampone di due settimane dopo, solo altri 8 abitanti della cittadina sono risultati infetti, e altri 52 guariti. Dunque, il lockdown ha abbattuto il contagio del 90%, sostiene lo studio. Di questi, 3 hanno contratto il virus prima del lockdown e gli altri 5 sono stati contagiati da familiari. «Almeno 3 di loro hanno ricevuto il virus da pazienti asintomatici, la cui carica virale è risultata all’incirca la stessa dei pazienti che sviluppano sintomi», spiega Crisanti. Nessun dei 217 bambini di Vo sotto i 10 anni di età è stato contagiato.

«La nostra ricerca conferma l’importanza dei casi asintomatici», conclude il biologo. «Rappresentano il 43% dei positivi e sono responsabili di una percentuale notevole delle infezioni». L’ipotesi non è nuova, perché altri studi basati su modelli matematici hanno suggerito che la trasmissione del virus da asintomatici sia un vettore importante del contagio.

Il risultato di Crisanti necessita di ulteriori conferme, perché per ora si tratta solo di uno studio pubblicato su Internet e non ancora valutato da una rivista scientifica. Inoltre, 3 pazienti su 8 non sono abbastanza numerosi per fornire un dato statistico affidabile sul contagio da asintomatici. Ma finora nessuno studio aveva ricostruito in questo dettaglio le catene di trasmissione del coronavirus in un’intera comunità.