Dopo aver riflettuto sulla distruzione dello Yemen per mano dei sauditi e della loro coalizione, provoca una certa tristezza sfogliare il catalogo Roads of Arabia. Tesori archeologici dell’Arabia Saudita (in italiano e inglese, pp. 328, euro 49). Al Museo Nazionale Romano Terme di Diocleziano fino al 1° marzo, la rassegna a cura di Alessandra Capodiferro e dell’archeologo saudita Mohammed A. Alahmari permette di ammirare opere e documenti che vanno dai primi insediamenti del neolitico fino al XX secolo. Tantissimi gli esemplari in mostra, di grande valore artistico e storico. Da non perdere, raccomanda Capodiferro, «sono la stele antropomorfa in arenaria del IV millennio, la testa d’uomo in bronzo fuso del I-II secolo a.C. che porta i segni di un qualche danno subito nel tempo, l’imponente statua alta due metri e trenta di re o dignitario in arenaria rossa del IV-III secolo a.C., e la statuetta di Ercole in bronzo del I-III secolo d.C. posta in una vetrina che rimanda all’Ercole raffigurato nel grande mosaico al centro dell’aula dioclezianea e proveniente dalla villa di Nerone, ad Anzio».

Nel percorso museale è possibile ammirare anche «le scoperte recenti della missione archeologica dell’Orientale di Napoli guidata da Alessandro de Maigret che, dopo aver diretto la spedizione in Yemen, a partire dal 2009 aveva lavorato nella regione di Al-Jawf in Arabia Saudita», ricorda l’archeologo Romolo Loreto. I legami tra Sana’a e Riad sono evidenti, a cominciare dalla «via dell’incenso che correva da est a ovest attraverso l’Oman e lo Yemen prima di dirigersi a nord lungo la costa occidentale della penisola araba. Ma a quei tempi la via dell’incenso non era la sola strada di comunicazione», scrive l’archeologa Agnese Pergola.

A finanziare l’edizione romana della mostra Roads of Arabia è la società petrolifera saudita Aramco: di questi tempi sono i petrodollari a pagare le forniture di bombe occidentali lanciate sullo Yemen e, al tempo stesso, anche a sovvenzionare le iniziative culturali. La mostra aveva inaugurato al Louvre nel 2010 ed è già stata in sedici musei del mondo. L’obiettivo, scrive il ministro alla Cultura saudita in apertura al catalogo, è «gettare un ponte tra i popoli del mondo, avvicinarli alla civiltà e al patrimonio culturale e artistico del Regno e invogliare sempre più persone a visitare e conoscere il nostro paese».

Si vuole dunque far conoscere l’Arabia Saudita al di là dei soliti stereotipi perché nel nostro immaginario è un paese integralista: le autorità diedero ordine di decapitare e crocefiggere l’ayatollah Nimr al-Nimr il 2 gennaio 2016 e il principe ereditario Muhammad bin Salman (che ha dato avvio alla guerra in Yemen) è il mandante dell’assassinio dello scrittore e giornalista Jamal Kashoggi nel consolato di Istanbul il 2 ottobre 2018. Di certo non basterà una bella mostra d’arte a cancellare queste nefandezze.